sabato 19 dicembre 2015

Mal di Capodanno

Dopo aver appreso che sarà il cantante Mal a condurre i veronesi nel 2016, mi è venuta in mente una piccola riflessione sui concerti di Capodanno in piazza Bra nell'ultimo decennio, sintetizzata da questa sofisticata infografica.



Palazzo Barbieri, abbiamo un problema. O no? 

P.s. Piccolo trivia: il blocco del riquadro in alto a sinistra (Little Tony, Dik Dik, Mal, Ricchi e Poveri) viene direttamente dalla finale del festival di Sanremo del 1970.

venerdì 11 dicembre 2015

Tutto quello che sapete sull'inquinamento a Verona è falso

Quando si parla di smog e inquinamento, si scontrano spesso due atteggiamenti, ugualmente superficiali: allarmismo e menefreghismo. In entrambi i casi, si tende a non fare i conti con i dati e i numeri reali, ma a rifugiarsi nelle proprie certezze. Adesso che a Verona si è tornato a parlare di aria inquinata, è forse il caso di dare un'occhiata a quei numeri, per vedere cosa ci dicono.

 L'aria che stiamo respirando  è la peggiore, tenuto conto del periodo, dal 2006 a questa parte. 

Nel 2015 è già stato ampiamente sforato il tetto dei superamenti consentiti per anno. I picchi di inquinamento in città sono solitamente tra gennaio e febbraio, quindi presumibilmente il peggio deve ancora venire.


Comunque, dai picchi di inizio mese, le polveri sottili in città stanno gradualmente calando


Ma non è vero che Verona è sempre più inquinata, anzi. Da dieci anni a questa parte la concentrazione media di polveri sottili, sia il pm 10 che il pm 2.50, è in calo costante. Il 2014 è stato l'anno con meno smog dei dieci precedenti, quest'anno il secondo meno inquinato. 

Il tavolo zonale della Provincia, per far fronte allo smog, ha rafforzato il tradizionale blocco delle vetture no kat. Per i motori a benzina, oltre agli euro 0 a benzina, sono stati aggiunti anche gli euro 1. Confermato, per i diesel il blocco di euro 0, euro 1 e euro 2. 


Ma questo provvedimento è destinato ad avere scarsi effetti se non nulli, visto che colpisce appena il 12 per cento del parco circolante. Senza contare che il blocco è in vigore a singhiozzo, da lunedì a venerdì dalle 9 alle 12 e dalle 14.30 alle 17.30. 



Di fatto, l'unico modo per abbassare significativamente lo smog in questo periodo è la pioggia. Non a caso, i Novembre 2010 e 2013 caratterizzati da moltissima pioggia (il primo fu il mese della grande alluvione)  sono stati i meno inquinati dell'ultimo decennio.

Peccato che nelle ultime settimane di pioggia se ne sia vista pochissima e non ne sia attesa per i prossimi giorni. Non rimane che votarsi al cielo, sperando che Santa Lucia o Babbo Natale ce ne portino almeno un po'. Sarebbe un regalo molto gradito

(Dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige. Qui un mio articolo del Corriere del Veneto sull'argomento) 


lunedì 30 novembre 2015

La fine dell'Impero Tosiano #5: Giorgetti, le ragioni di una candidatura

Habemus anti-Tosi. Troppo presto per dire se la candidatura di Alberto Giorgetti sarà quella giusta per compattare il centrodestra veronese, ma di certo l'endorsement di Silvio Berlusconi al deputato ha dato il via, ufficialmente, alla campagna elettorale.


Quella di Giorgetti è, a mio avviso, un'ottima mossa. Come dite? E' stato Berlusconi a muoversi? Suvvia, non scherziamo. Nessuno può credere che l'ex Cavaliere abbia niente di meglio da fare, quando manca circa un anno e mezzo alla scadenza del secondo mandato di Tosi, di mettersi a pensare a Verona, quando ancora piazze cruciali come Roma e Milano (dove si vota in Primavera!) sono nel caos più totale.
No, qui è tutta farina del sacco di Giorgetti che ha messo in fila una strategia perfetta. Ha cominciato a farsi notare, sia a Verona ("Se qualcuno me lo chiede, io sono disponibile") sia a Roma, aderendo ad una associazione di Giorgia Meloni e avvicinandosi a Fratelli d'Italia. Così magari Berlusconi gli avrà chiesto: "Ma Alberto, che fai? Mi abbandoni per la Giorgia?". E zac: ecco l'investitura a sindaco di Verona.
Giorgetti ha un indubbio vantaggio: è la persona più titolata, trai politici del centrodestra veronese, per ambire al ruolo di sindaco. E' stato per tanti anni viceministro dell'Economia, ha fatto avere a Verona (alla fiera, in particolare) un sacco di soldi. Adesso sento tanti che dicono: "Berlusconi, indicandolo così presto, l'ha bruciato". Tutt'altro, a mio avviso. E provo a spiegare perché.
Il centrodestra anti-Tosi ha in mano il biglietto della lotteria ma non ha ancora un candidato. Si è creato un asse tra la Lega Nord e l'associazione Battiti (gli ex assessori del primo mandato di Tosi) che hanno cominciato a fare un lavoro "dal basso", che avrebbe dovuto portare in modo quasi naturale alla scelta del cavallo su cui puntare. In questo percorso, Giorgetti non aveva la minima chance e lui l'ha capito subito. E ha capito anche che, se non si muoveva in fretta, sarebbe stato troppo tardi per essere della partita. L'unico modo per giocarsi le sue chance era un'investitura "dall'alto". Ecco quindi il ricorso a Berlusconi.
Ora, non mi avventuro a dire che Giorgetti sarà il candidato. Ci saranno mugugni, veti. Si farà notare che lui da tanto tempo è a Roma, assente dal territorio. Si ricorderanno i suoi tanti cambi di casacca, e la vicenda ancora non chiarita delle non-dimissioni da parlamentare. Eppure, il profilo di Giorgetti ha anche indubbi punti di forza. Intanto, fu proprio l'An guidata da Giorgetti, nel 2007, a virare su Tosi, contribuendo a dar vita a quella che nella narrazione popolare del centrodestra è stato "l'ottimo primo mandato del sindaco", che si contrappone al "pessimo secondo mandato", che trarrebbe origine proprio dalla rottura tra Tosi e Giorgetti e dalla volontà del primo di far da sé. In secondo luogo, la candidatura di Giorgetti mette nei guai il Pd, che ha sostenuto due governi con Giorgetti sottosegretario (Monti, Letta) e ci si è alleato alle ultime provinciali in funzione anti-Tosi.
Altro che troppo presto, Giorgetti è già in fuga. E ora tocca agli altri rincorrerlo. 

venerdì 27 novembre 2015

Domande (senza risposta, per ora) sulla rapina a Castelvecchio

Ci sono ancora molte, troppe domande senza risposta sulla serata del 19  Novembre scorso, quella della rapina al museo di Castelvecchio. 

Si sa che tre banditi, il volto coperto dal passamontagna e armi in pugno, si sono introdotti nel museo all’orario di chiusura, hanno immobilizzato l’unica dipendente comunale presente e la guardia giurata, e hanno agito indisturbati per oltre un’ora. Alla fine, il loro bottino sarà di ben 17 quadri, alcuni preziosissimi (anche se il rimborso dell'assicurazione sarà una beffa), stivati nella station wagon della stessa guardia giurata che è stata poi usata per fuggire. Ma, come detto, tante cose ancora non tornano. Ad esempio:
  • Perché dalla centrale operativa della Sicuritalia, la ditta privata che ha in appalto la sorveglianza del museo, nessuno si è accorto di nulla, se non oltre un’ora dopo la fine della rapina, quando la guardia giurata ha chiamato per avvertire della rapina
  • In particolare, perché nessuno ha notato che l’allarme a Castelvecchio non era stato inserito come ogni giorno tra le 19.40 e le 20, tanto più che negli ultimi tre mesi solo una volta era stato inserito alle 20.30 per un convegno al museo, ma dopo aver informato la ditta del cambio di programma?
  • E perché, sebbene Castelvecchio sia uno dei principali siti sorvegliati che assorbe oltre un terzo del budget del contratto di appalto, è sfuggito al controllo, mentre la stessa ditta ha rilevato che in una piccola scuola materna di Verona, le Maggio Ciondolo, quella stessa sera alle 20 l’allarme non era inserito e ha ordinato un controllo?
  • E ancora: è solo fortuna, quella dei rapinatori, di aver scelto come giorno per il colpo quel giovedì in cui c’era un solo dipendente comunale in servizio mentre in regola sono molti di più, e ad esempio la sera prima c’erano ben cinque dipendenti al museo?
Sono questi alcuni dei punti sollevati anche da Flavio Tosi nella sua relazione al consiglio comunale. Il sindaco ha già deciso di rivalersi contro la ditta di security, sostenendo che se tutte le procedure fossero state rispettate, quella sera, la rapina del secolo a Castelvecchio non sarebbe mai potuta avvenire. 

(dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige

venerdì 13 novembre 2015

Verona, l'isola felice (che non c'è)

Una disoccupazione più bassa non solo della media veneta, ma anche  di quella statunitense, o tedesca. Un ulteriore crescita di posti di lavoro, nell'ultimo trimestre, dell'1,18 per cento con una previsione di un ulteriore, simile aumento nel quarto. Questo favorito dalla dimensione medio-grande delle imprese, dalla più massiccia presenza di multinazionali in Italia dopo Milano, e dal fatto che otto imprenditori su dieci, quando fanno utili, li reinvestono nelle loro aziende. Il ministro del Lavoro Poletti ha parlato di "un esempio per tutto il Paese".



Questa isola felice, nel contesto ancora turbolento dei primi timidi accenni di ripresa dopo sette anni di crisi nera, è Verona. Almeno, questa è la fotografia della città e della sua provincia scattata da Confindustria, in occasione dell'assemblea di lunedì scorso al PalaSport. Il Corriere della Sera ha parlato di una "piccola America del lavoro", soprattutto in confronto a quello che accade nel resto d'Italia.

Come chi abita a Verona sa bene, la situazione non è così rosea come la si dipinge. Lo stesso presidente degli industriali, Giulio Pedrollo, ha parlato di una città a due velocità, dove l'economia corre ma le grandi opere, le infrastrutture e i progetti restano al palo, in una preoccupante situazione di immobilismo. Basta pensare all'eterna vicenda del traforo delle Torricelle, all'Arsenale, per non parlare di insediamenti commerciali come Ikea.

Ecco che l'analisi di Pedrollo è stata letta da più parti come un fendente diretto a Flavio Tosi, che in Comune sta passando tempi molto difficili, con una maggioranza sempre più sottile. "Ognuno fa quel che può con le risorse e i poteri che ha, sarebbe come se io dessi la colpa agli industriali della crisi", si è giustificato il sindaco. Eppure, i fatti di questi giorni sembrano dare ragione agli industriali. La delibera che dovrebbe portare un Esselunga di fronte alla fiera è ancora impantanata a Palazzo Barbieri, senza che se ne veda una via d'uscita.

(Dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige) 

giovedì 12 novembre 2015

La fine dell'Impero Tosiano #4: L'Impero perde pezzi

Flavio Tosi non cadrà. Non subito, almeno. Ma quelli che gli si prospettano di fronte sono mesi di agonia. Con l'uscita di Ciro Maschio di Fratelli d'Italia, la maggioranza in consiglio comunale è ancora più esigua: 19 (sindaco compreso) contro 18. Vuol dire che Tosi dovrà sempre presenziare alle sedute e sperare che la pattuglia rimasta sia compatta, convinta e in salute. Senza contare il caos nelle commissioni, in particolare quella urbanistica, che deve licenziare delibere come Esselunga e gallerie dell'ex mercato: ballano oltre 30 milioni.


Si dice: l'allora sindaco Paolo Zanotto sopravvisse in una simile situazione cinque anni. Sì, vero. Io c'ero: ho fatto più volte le quattro di notte in quegli anni, a seguire sedute eterne con migliaia di emendamenti ostruzionistici, che quando ero studente fuori sede all'Università. Io, onestamente, non vedo tra le fila della maggioranza tanta gente disposta a scendere in trincea come allora. Non vedo tanta gente disposta a immolarsi per la causa. Anzi, vedo gente dominata dai propri (magari legittimi) interessi, che cerca di fiutare l'aria, per capire cosa fare. In quest'ottica, può anche arrivare il soccorso al sindaco dal suo ex sfidante Luigi Castelletti e da Marisa Brunelli dell'Udc. Ma per quanto? E a che prezzo?

Autocandidature 

Tosi è ammaccato, perde pezzi in consiglio, altri pezzi importanti di città paiono averlo mollato. Ma la mia personale sensazione è che, pur praticamente impossibilitato a far nulla, starà in sella fino a quando non si materializzerà l'anti-Tosi. Insomma, quello che potrà essere riconosciuto come il front runner alle prossime elezioni. Quello a cui i peones che oggi tengono in vita il sindaco in consiglio comunale si rivolgeranno per pensare alla propria futura rielezione. Chi sarà? Boh. Intanto Alberto Giorgetti, appena passato con Giorgia Meloni.  fa sapere che lui c'è. E' già la seconda intervista in cui dice di essere disponibile se glielo chiedono. Nessuno gliel'ha ancora chiesto. insomma. 

Tosi in Tod's? 

Se Verona regala poche gioie, Tosi continua a muoversi su più piani. Quello che serve ai Tosi, ai Quaglierello, ai Fitto e agli altri che cercano di costruire un centrodestra molto centro e poco destra, alternativo a Salvini da una parte e a Renzi dall'altra,  è un leader, che possa portare una ventata di novità a quella che, al momento, è poco più che un'operazione di palazzo. Mai decollata davvero l'ipotesi di Corrado Passera (per evidenti limiti politici ed empatici), il jolly potrebbe essere Diego della Valle, che entro fine anno presenterà il suo partito. Con un bel paio di Tod's ai piedi, Tosi potrebbe trovare la via che, dopo la fine dell'Impero, lo porterà a Roma. 

venerdì 6 novembre 2015

Esselunga e il grande supermercato della politica

Flavio Tosi può cadere su un supermercato?  È la domanda che si sono fatti gli osservatori dopo quanto accaduto giovedì sera in Comune. Il consiglio comunale avrebbe dovuto votare la delibera che permette l’insediamento di Esselunga nell’area di fronte alla Fiera, un’operazione che porterebbe nelle casse del Comune la ragguardevole cifra di oltre 23 milioni di euro.

Ma la delibera in aula non è mai arrivata. Perché nella commissione che avrebbe dovuto licenziarla, è successo il finimondo. Il presidente, Ciro Maschio di Fratelli d’Italia, si è dimesso passando in minoranza. A suo avviso, il sindaco dopo le elezioni regionali non ha dato segnali di discontinuità sulle nomine e politicamente si è spostato troppo a sinistra, flirtando con Renzi. 



E ora che succede? Secondo Tosi non cambia nulla. Se la commissione è ingovernabile e non ci sono più i numeri, ci penserà la conferenza dei capigruppo a mandare in aula la delibera e, la prossima settimana, verrà approvata, come era stata regolarmente approvata in prima lettura, la scorsa estate, pur tra i mal di pancia di diversi consiglieri. In ogni caso, l'iter sarà concluso solo una volta che arriverà il parere positivo della Regione Veneto, che aveva bocciato la pratica in prima istanza.

C'è chi ne ha fatto una battaglia di merito: un supermercato in quella zona non s'ha da fare perché ce ne sono già troppi a Verona e perché ruberebbe posti auto alla Fiera. Ma la verità è che  la delibera Esselunga è diventata l'ultima trincea con cui gli oppositori cercano di dare la spallata decisiva a Tosi. C'è anche un altro fronte quello del cimitero verticale, da cui il Comune spera di incassare 11 milioni: l'ultima idea è di farlo alla Genovesa, dopo che sono tramontate le ipotesi San Michele e Marangona. In totale, fanno circa 35 milioni di euro: una somma enorme, su cui Tosi si gioca l'ultimo anno abbondante di mandato, tanto più che il suo cavallo di battaglia - il traforo delle Torricelle - è lontano come non mai.

E in quel grande supermercato che è la politica, non c'è nulla di peggio che presentarsi alla cassa con il portafogli vuoto.

(Dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige) 

giovedì 5 novembre 2015

La fine dell'Impero Tosiano #3: Il ritorno del Papa straniero

Su L'Arena di domenica scorsa, il giornalista veronese Stefano Lorenzetto, ex firma de Il Giornale e biografo di Tosi,  ha suggerito al Pd di candidare lo psichiatra Vittorino Andreoli a sindaco nel 2017. La proposta ha una sua bizzarria intrinseca - un esperto di "matti" a capo del consiglio comunale, dove approderebbe all'età di 77 anni - e par di capire che lo stesso Lorenzetto la usi come "esca" per convincere Andreoli a ritirare il premio Masi (non Maso, eh!) di cui è giurato. E' comunque interessante perché ripropone un tema che si ripropone ciclicamente per il centrosinistra a Verona a ridosso delle elezioni: quello del "Papa straniero".



La teoria è più o meno la seguente: poiché a Verona il centrosinistra è per sua natura perdente, in quanto considerato - a torto o a ragione - troppo vetero, troppo comunista o troppo entrambe le cose, comunque distante da quella platea di elettori "moderata" (temine che aborro, ma per capirci) che può decidere la contesa, l'unica soluzione è allora chiamare qualcuno da fuori che faccia da garante, ci metta una faccia rassicurante e consenta quanto meno di provarci.

Dal crollo della Prima Repubblica in poi, è sempre andata così. Nel '94 il candidato del centrosinistra fu l'avvocato Dario Donella. Nel '98 toccò al'ex direttore de L'Arena Giuseppe Brugnoli (ma Lorenzetto ci rivela che, prima di lui, gli allora Ds avevano sondato proprio Andreoli). In entrambi i casi, furono sconfitti da Michela Sironi. Nel 2002 la strategia del Papa Straniero funzionò con un avvocato dal cognome importante, Paolo Zanotto, ma grazie anche alla stessa Sironi che si rivoltò contro Forza Italia facendo perdere Pierluigi Bolla, fresco presidente di Veneto Banca. Il miracolo, per Zanotto, non si ripeté nel 2007, anche perché nel frattempo era arrivato un certo Flavio Tosi. Nel 2012, il Papa Straniero lo scelsero le primarie, nella persona del leader di Legambiente Michele Bertucco: troppo a sinistra, ovviamente non c'è stata storia.
Certo è che. in certi ambienti del Pd veronese, la suggestione del Papa Straniero è intatta e tornerà di scottante attualità anche perché, di candidati del Pd - è il caso di dire -  "papabili", al momento, non c'è nemmeno l'ombra.

Fermento a destra 

Uno dei possibili candidati sindaco per il 2017 del centrodestra, Alberto Giorgetti, ha cambiato casacca.
Non è la prima volta, per l'ex sottosegretario, ex An, ex Pdl, ex Ncd, poi Forza Italia e ora tra i fondatori di Terra Nostra, il nuovo movimento targato Giorgia Meloni. Giorgetti (che pure al momento resta in Fi),in attesa di capire se e come potrà essere della partita per il Comune, diventa intanto di diritto referente veronese della Meloni e candidato in pectore  alle prossime elezioni politiche (fossimo nel leader locale di Fratelli d'Italia, Ciro Maschio, non dormiremmo sonni tranquilli).



Intanto, interessante notare come  faccia ormai parte stabilmente della futura coalizione l'ex leader di Forza Nuova Roberto Bussinello, oggi a capo dl movimento Sovranità.
Da sinistra Federico Sboarina (Battiti), Lorenzo Fontana
(Lega Nord) e Roberto Bussinello (Sovranità) (Foto Cronaca di Verona)
Con una Forza Italia praticamente evaporata, se non altro a livello organizzativo, l'iniziativa è per ora nelle mani della Lega Nord e dell'associazione Battiti (quella degli ex assessori  ex Pdl di Tosi), il cui collante ultimo è in fondo l'"antitosismo". Chiaro che con Bussinello, anche lui da tempo nemico giurato del sindaco di Verona, l'asse si sposta molto a destra, con il rischio di lasciare scoperto il centro, dove si è spostato proprio Tosi. Se va avanti così, anche a destra potrebbe essere necessario ricorrere a un Papa straniero per rassicurare l'elettorato verso derive "estremiste". 

mercoledì 28 ottobre 2015

La fine dell'Impero Tosiano #2: E se l'impero non finisse?


Dopo 22 anni di presidenza, Paolo Biasi resta saldamente in Fondazione Cariverona con un nuovo incarico. In Fiera, la partita del nuovo cda è stata tutta una questione interna alla Camera di Commercio. Ecco che le due principali partite cittadine procedono quasi per conto loro, senza la percezione di grandi stravolgimenti, senza che la politica cittadina (forse troppo debole, in questo momento) giochi davvero un ruolo. 
Flavio Tosi, intanto, resta concentrato sulle cose romane. Obiettivo numero uno: mettere insieme un gruppo parlamentare per rendere concreti gli ammiccamenti al governo Renzi. Compagni di viaggio della truppa del sindaco potrebbero essere alcuni fuoriusciti di Ncd e alcuni centristi sparsi: si starebbe in minoranza, ma sempre prontissimi al dialogo. Ambizione dichiarata: sostituirsi alla minoranza Pd. A quel punto, il "partito della Nazione" sarebbe cosa fatta. 
E a Verona? In attesa di testare la compattezza della maggioranza in consiglio comunale, il gruppo dell'ex vicesindaco Casali  dimostra nuovi segnali di insofferenza. Si va dall'attacco del presidente della seconda circoscrizione Grigolini sull'Arsenale a questioni come le unioni civili

E a tal proposito... 
Abbastanza significativo che il capogruppo della lista Tosi in Regione si presenti in conferenza stampa con un simbolo diverso, quello dell'associazione "Verona Domani"? "Domani" inteso come 2017??? 


Posta del cuore
"Caro mio, Tositer o Tositris. Se l'è studiata nei minimi particolari e non molla l'osso. C'è un tunnel da portare a casa e sarà campagna elettorale per la terza volta su quello". 
Sono d'accordo con l'amico lettore sul fatto che Tosi è il primo a non rassegnarsi alla fine del suo impero, tanto più che in giro non si vedono giganti o statisti pronti a prenderne il posto. Lo stesso Tosi ha dato anche in qualche modo credito alla voce che ci potrebbe essere in vista l'abolizione del limite dei mandati per i sindaci dicendo che, se fosse possibile, non esiterebbe a ricandidarsi. Ne ha parlato con Renzi o con la Boschi? Chissà. Per ora sono da registrare le secche smentite del Pd.  

Facciamoci del male 
Il quale Pd, per la cronaca, vive l'ennesima fase di travaglio interiore, con una fronda di segretari di circolo (dietro cui si muovono alcuni grandi vecchi del partito) che chiedono il congresso straordinario a Verona.



martedì 20 ottobre 2015

La fine dell'impero Tosiano #1: Come siamo arrivati fin qua

Manca un anno e mezzo alla fine di un'era. La fine dell'Impero Tosiano 

A maggio 2017 (mese più, mese meno) Flavio Tosi non sarà più sindaco di Verona dopo dieci anni (sempre che il governo, come circola voce, non introduca un terzo mandato per i sindaci dei grandi comuni). Ci sarà tempo e modo di tracciare bilanci di questi due lustri che, in questa città, sono ruotati - nel bene e nel male - attorno al sindaco prima leghista, oggi civico in cerca di collocazione.
Più interessante, almeno per me al momento, provare a raccontare con tante istantanee, come in un diario, quello che accadrà di qui a diciotto mesi: alleanze che si sfaldano e che si creano, amici che diventano nemici, nemici che diventano amici, riposizionamenti, tentativi corsari di dare l'assalto a un potere in via di sfaldamento (o no?).
Troppo presto per cominciare a parlarne? Se sentite i politici, sì.  "Prima i programmi", dicono: ma i programmi non valgono niente senza un buon candidato, "Di qui al 2017 ne accadranno di tutti i colori": vero, ma nulla di quello che accadrà, accadrà per caso. Sarà una concatenazione di eventi, che attraverso questo piccolo esperimento proveremo ad anticipare.
Proverò a dare aggiornamenti su questo blog con cadenza settimanale, ma mi perdonerete se non sarò rigoroso con il calendario. In ogni caso, se inserite la vostra mail qui a destra riceverete in automatica la notifica di ogni nuovo post.

E ora,  un breve riassunto di come siamo arrivati fino a qua.

Ha tifato per l'ascesa di Matteo Renzi; ha sperato di emularne le gesta dallo schieramento opposto. Adesso lo corteggia apertamente. L'ultima virata di Tosi ha colto di sprovvista i suoi (sempre più netta la rottura con l'ex vicesindaco Casali, traslocato in Regione) e tratteggia scenari inediti per il futuro del sindaco. Ma la vera domanda è: come influirà tutto questo sugli equilibri a Verona?
Il Pd qui in città, che ha avuto in Tosi il nemico numero uno in questi anni, vive a sua volta una fase di tormento interiore. Trasformarsi in un partito votabile da chi, per due volte, ha creduto proprio in Tosi impone un imperativo: togliersi la livrea di "partito del no". Il capogruppo in Comune, Michele Bertucco, è sempre più isolato. Si parla di liste civiche, aperte agli "imprenditori", alla "società civile" ecc., ma intanto c'è aria di fronda contro la renzianissima segreteria provinciale.
Di là, intanto, il clima è quello di una squadra cui è stato concesso un calcio di rigore ma non sa a chi farlo tirare. La Lega, che ha confermato Paolo Paternoster segretario, non ha facce spendibili per il futuro sindaco, a parte quella dell'assessore alla Sanità Luca Coletto, che però non ne vuol sapere. Gli ex assessori di Tosi (Federico Sboarina in testa) riuniti nell'associazione Battiti, dopo aver masticato fiele, covano sogni di rivincita, ma come si giocheranno la partita non è chiaro. Il deputato forzista Alberto Giorgetti è alla finestra, aspetta che qualcuno gli chieda di candidarsi? L'ex onorevole azzurro Massimo Ferro fa capire di essere a disposizione.


Grandi manovre 

Le energie dei potenti cittadini sono concentrate sul rinnovo dei vertici della Fiera e, soprattutto, della Fondazione Cariverona che, intanto, aumenta il suo peso in Cattolica (ne ha scritto qui Lillo Aldegheri). Inutile dire che in tutto questo c'è molto di politico, prima che di economico. Occhio anche alla partita dell'A4, con l'offerta di acquisto degli spagnoli di Abertis che spaventa i soci del territorio. E chi è il presidente della Serenissima? Sempre Tosi.

Spunti 

L'avvicinamento Tosi-Renzi fa incazzare un sacco la sinistra. Leggere, per credere, Mario Allegri. Ma intanto una vecchia conoscenza come Sacconi sogna di creare un nuovo polo moderato a partire dal binomio Tosi-Brugnaro. In ogni caso, questa foto di Angelo Sartori per il Corriere di Verona mi pare il simbolo di questa stagione.


Alla prossima. Per contattarmi alessio.corazza@rcs.it (se volete inviarmi domande o riflessioni, inaugurerò una rubrica "Posta del Cuore")


venerdì 9 ottobre 2015

Ai Pronto Soccorso di Verona non pagava (quasi) nessuno

Da quest’estate qualcosa è cambiato ai Pronto Soccorso di Verona, Borgo Trento e Borgo Roma. Lo dicono le statistiche diffuse dall’Azienda Ospedaliera: il numero dei “codici bianchi” – per capirci: i pazienti che devono pagare il ticket – è triplicato.
Cosa è successo? Che cosa ha provocato questo cambiamento che ha fatto infuriare gli utenti, in particolare quelli cui è stato assegnato un codice verde in ingresso e bianco in uscita? 
Bisogna partire da un’ispezione della Regione, lo scorso luglio. A Venezia si erano accorti che a Verona i numeri non tornavano: troppi pochi i codici bianchi rispetto al resto del Veneto, troppo poche le prestazioni a pagamento. Evidentemente, hanno concluso gli ispettori, a Verona la casistica stabilita dalla Regione nel 2011, e poi modificata nel 2014, per capire chi tra i pazienti non gravi debba pagare e chi no non veniva rispettata.


Dopo il richiamo della Regione, l’azienda ospedaliera è dovuta correre ai ripari. Sui computer dei medici del Pronto soccorso è stato installato un nuovo software: si inserisce la diagnosi e il computer assegna automaticamente il codice e – se questo è bianco – emette il bollettino di pagamento. Ecco come i casi di prestazioni a pagamento sono esplose.

Il sindaco Flavio Tosi ha annunciato un esposto in procura contro quello che – a suo parere – è un modo fraudolento con cui la Regione mette le mani nelle tasche dei cittadini. Ma visto da Venezia, il film è opposto: a Verona le maglie erano troppo larghe, non pagava quasi nessuno, tanto che l’assessore alla Sanità Coletto ha detto che si valuteranno eventuali danni erariali.

Di certo, il ritorno alla normalità a Verona non è stato indolore. E la polemica politica ferocissima sulla vicenda non aiuta certo a rasserenare gli animi. 

(dalla rubrica Il Fatto della Settimana su Radio Adige) 

lunedì 6 aprile 2015

Dai sondaggi ai seggi: come finirà la sfida per il Veneto

In attesa di parlare un po' di contenuti, i grandi assenti finora di questa campagna elettorale per le regionali in Veneto, proviamo a fare un po' i conti della serva. Ovvero, come si tradurrà in termini "reali" - ovvero, consiglieri eletti - il consenso dei vari candidati.
La novità di questo giro è che da 60 che erano i consiglieri sono diventati 51. Ma il presidente eletto e il miglior sfidante entrano di diritto, quindi il riparto dei seggi va tarato su 49 consiglieri. I seggi vengono assegnati in modo proporzionale, le coalizioni devono avere almeno il 5%. Al vincente spetta un premio di maggioranza variabile: del 60% se supera il 50% dei voti); del 57,5% se prende dal 40 al 50% dei voti; del 55% se prende meno del 40%.

Tutto chiaro? Allora facciamo un gioco (sottolineo: un gioco!), sulla base dei sondaggi diffusi da Porta a Porta nel corso del confronto a quattro tra Zaia, Moretti, Tosi e Berti.
I sondaggi di Vespa sono due (Tecné e Irp) e sono abbastanza simili. Per comodità prendo il secondo che dà Zaia (Lega e Forza Italia) al 39%, Moretti (Pd e sinistra) al 37, Tosi (con Ncd-Udc, lista Tosi) al 12, Berti (Cinque Stelle) al 10, gli altri al 2%.
In questa situazione vince Zaia, ma non raggiunge il 40 per cento. Quindi avrà un premio di maggioranza del 55 per cento, pari a 27 consiglieri, più lui stesso.
Alle opposizioni rimarranno quindi da spartirsi un totale di 22 consiglieri, mentre la Moretti entrerà di diritto come miglior perdente. Saranno rappresentati solo le liste di Moretti, Tosi e Berti perché nessun altro supera la soglia di sbarramento. Per sapere quanti consiglieri vanno rispettivamente a Moretti, Tosi e Zaia mi baso su un simulatore del metodo D'Hondt che è quello usato per la Regione Veneto.

A questo punto, detto che Zaia ne ha già 27 più lui stesso,  a Moretti ne andrebbero 14 più lei stessa, a Tosi 4 e a Berti pure 4. Il consiglio regionale dovrebbe risultare più o meno come nel grafico qui a destra. Ovviamente bastano minime variazioni di consenso per cambiare le carte in tavola. In particolare, risulterà determinante il risultato della coalizione vincente: se ad esempio supererà il 40 per cento, otterrà un seggio in più - 28 invece di 27 - e ne lascerà uno in meno alle opposizioni - 21 invece di 22. Se supererà il 50 per cento, il vincente avrà invece 29 seggi, lasciandone alle opposizioni solo 20 da spartirsi.

Per quanto riguarda Verona, qui verranno eletti 9 consiglieri: 5 alla maggioranza, 4 alle opposizioni. Se vince Zaia, direi così a spanne 2 alla Lega Nord, 2 alla lista Zaia e 1 a Forza Italia. Al Pd ne andrebbe 1, ai Cinque Stelle 1. La corsa di Tosi, al momento quindi frutterebbe complessivamente quattro consiglieri in Veneto. Se dovessi giocarmi un euro, direi che due di questi - in virtù del grande risultato che dovrebbe fare nella sua città - saranno eletti a Verona (mi sbilancio: Andrea Bassi e Barbara Tosi) e gli altri due rispettivamente a Padova e Venezia.
Chi vivrà vedrà... 

venerdì 27 marzo 2015

Vinitaly: una riflessione dopo le critiche

Sono stato tra i primi a ripostare sui social network questo sfogo del blogger Alfonso Ceravola (qui anche una traduzione in italiano, interessanti soprattutto i commenti) sulle criticità di Vinitaly, non perché condivida in pieno ogni virgola, ma perché mi sembrava un buono spunto di discussione.
La cosa ha fatto il giro del web, generando un appassionato dibattito tra visitatori, operatori, semplici cittadini veronesi. Chi ci si è ritrovato in pieno ("Era ora che qualcuno le cantasse per bene a Veronafiere"), chi la giudica una montagna di banalità, ingiuste e ingenerose (ma c'è anche chi ha provato ad argomentare per bene perché simili lamentele siano esagerate).
Penso che, al netto di tutto questo, alcune cose andrebbero tenute in considerazione per il futuro di una manifestazione cara a chi abita e lavora a Verona, anche per l'enorme indotto che genera.

  1. Crisi di crescita. Vinitaly, che si appresta a festeggiare i suoi primi cinquant'anni di storia, si trova a un bivio. E' cresciuta a dismisura, per numero di visitatori e eco mediatica, imponendosi come l'unico vero evento del vino italiano. E questa, obiettivamente, è la storia di un successo. Il problema è che le aziende che ci vengono, pagando un sacco di soldi tra affitto degli stand, spese di trasferta e personale, vogliono sì essere parte di una grande kermesse, ma prima di tutto puntano a fare business. La fiera lo sa bene, ma non vuole snaturare la formula ibrida (operatori specializzati ma anche consumatori)  anche, molto banalmente, per esigenze di botteghino. La ricerca di un compromesso in tal senso, cui si è iniziato a lavorare con il cambio del calendario (domenica-mercoledì), alzando i prezzi dei biglietti e imponendo la registrazione obbligatoria, è un sottile equilibrio, che rischia di non accontentare nessuno del tutto. 
  2. Concorrenza. Mai come quest'anno si è parlato, in rapporto a Vinitaly, dell'esperienza di Prowein, anche perché in calendario si sono succedute a pochi giorni di distanza. La rassegna di Dusseldorf è molto più giovane (vent'anni) e più piccola (ma in costante crescita) ma da rassegna "regionale" per il mercato del Nord Europa (che per il vino è importantissimo) è iniziata a diventare importante anche per i buyer internazionali (che ci trovano non solo il vino italiano, sempre meglio rappresentato per altro). Vinitaly, a vedere i numeri, non ne ha ancora risentito.
    Ma non c'è da dormire sonni tranquilli perché se passa il messaggio che Verona è una specie di grande wine-bar mentre Dusseldorf un posto serio dove si fanno affari e tutto funziona a meraviglia con standard tedeschi, allora c'è veramente da rimboccarsi le maniche. 
  3. Limiti strutturali. Sia il quartiere fieristico che la città che lo ospita non sono all'altezza degli standard internazionali che gli operatori specializzati richiedono sempre più. I padiglioni in fiera sono vecchiotti, i bagni insufficienti, gli spazi comuni poco confortevoli e poco attrezzati (con ristoranti, ad esempio). Quando l'area di fronte alla fiera (ex magazzini, ex mercato) sarà completata con ristoranti, negozi e un parco pubblico, sarà un naturale sfogo per molte esigenze, ma temo ci sia molto ancora da aspettare. Molto si è fatto per i parcheggi e con i bus navetta, la situazione è migliorata rispetto a qualche anno fa. Ma anche qui: fino a che non ci sarà il parcheggio al casello di Verona Sud e il filobus collegato alla fiera, non si percepirà davvero una svolta. Poi c'è il problema annoso dei taxi, troppo pochi: ma qui è un problema non di Verona, ma dell'Italia intera. 
  4. Nuove esigenze. Molte delle cose di cui sopra hanno fatto parte del folklore di Vinitaly ma  gli operatori paiono sempre meno disposti a tollerarle. In un mondo costantemente connesso e collegato (a proposito: un wi-fi diffuso in tutti i padiglioni non guasterebbe) il battito d'ali di farfalla di uno sfogo su Facebook può fare rapidamente il giro del mondo. Una serie di situazioni spiacevoli (gli ubriachi, i bagarini, i ladri) non sono oggettivamente risolvibili dall'oggi al domani. Ma bisogna dare la sensazione a chi va a Vinitaly che ci si sta provando veramente. Magari anche con una campagna di marketing mirata, nuovi slogan, affiancati da una security discreta ma presente e pronta all'intervento. 
Ciò detto, per quanto mi riguarda, lunga vita a Vinitaly che è una delle migliori intuizioni che questa città ha avuto, dal dopoguerra in poi.

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venerdì 20 marzo 2015

Zaia e Tosi: chi paga per la campagna elettorale?

Campagna elettorale, quanto mi costi. Archiviato lo psicodramma in casa Lega risoltosi con la cacciata di Flavio Tosi, la prima vera polemica, in vista delle regionali, riguarda i mezzi per finanziare la propaganda dei candidati. A lanciare il sasso è stato Luca Zaia, il governatore uscente. Partendo con il proprio tour elettorale, in compagnia del segretario della Lega Matteo Salvini, Zaia ha detto che la sua sarà una campagna low-cost, interamente autofinanziata, senza contributi da privati. Questo per una questione di trasparenza: il governatore non intende accettare  soldi da nessuno, per non essere in nessun modo ricattabile. E ha inviato i suoi principali sfidanti, ovvero Alessandra Moretti del Pd e Tosi, a rivelare i nomi dei rispettivi finanziatori.

Più volte il sindaco di Verona è stato invitato dall’opposizione a rendere pubblici gli elenchi di chi ha fatto donazioni alle sue campagne elettorali o alla sua fondazione politica. Lui ha risposto che la privacy va tutelata ma, per dissipare ogni sospetto, ha portato tutti i documenti in procura a disposizione dei magistrati per tutte le verifiche del caso. Ma – dopo la sfida di Zaia – Tosi ha risposto per le rime. Fino a qualche giorno fa era ancora segretario della Lega Nord del Veneto. E ha rivelato che in totale, il partito ha stabilito di stanziare ben 700mila euro a favore della campagna elettorale di Zaia. Tutti soldi che vengono dal finanziamento pubblico dei partiti e sono, quindi, soldi pubblici. "Noi invece – ha detto Tosi – faremo campagna solo grazie ai contributi privati che i cittadini liberamente vorranno darci". 


Oltre alla questione dei soldi, Tosi ha iniziato anche a prendere le misure a  Zaia su altri fronti: lo ha attaccato sull’ospedale di Padova, sulle trivellazioni in Adriatico, sull’autostrada del mare. E siamo solo agli inizi di una corsa elettorale che si annuncia molto, molto vivace. 

(dalla rubrica "Il fatto della settimana" di Radio Adige) 

giovedì 12 marzo 2015

La secessione di Verona. Ovvero: dove porta la battaglia di Tosi

Si candida o non si candida? C'è chi giura di sì, anche a costo di passare come quello che ha consegnato il Veneto nelle mani della sinistra. E c'è chi - proprio per questo motivo - pensa che alla fine se ne starà in panchina.
Nell'attesa che Flavio Tosi, dopo essere stato cacciato dalla Lega, decida se scendere in campo contro Luca Zaia, si può provare a farsi anche altre domande. Per esempio: quanti voti può ragionevolmente pensare di prendere candidandosi? Non avendo noi a disposizione (e comunque non fidandoci) dei sondaggi, possiamo azzardare qualche piccola previsione, supportata dalla storia politica del nostro.
Partiamo dalle elezioni comunali.


Nel 2012 il "brand Tosi" identificato con la sua lista civica raddoppia i voti rispetto al 2007 e diventa  il baricentro della sua azione politica, con la Lega ridotta a utile orpello. Da quel momento, il sindaco si è convinto di fare a meno dei partiti tradizionali. A posteriori, quel trionfo elettorale del "modello Verona" è l'inizio della fine della sua storia nel Carroccio.


Detto che Tosi è stato piuttosto efficace a trovare consensi trasversali, quanti voti della Lega riuscirà a portarsi dietro adesso che nella Lega non c'è più?


Se l'obiettivo rimane su Verona, possiamo dire che dalle regionali del 2000 ad oggi Tosi ha massicciamente aumentato il suo peso specifico nel partito, fino a valerne oggi circa la metà dei voti. Almeno questo è quanto dicono le ultime europee.






Il problema per Tosi è che non si vota solo a Verona, ma in tutto il Veneto.


Dopo le elezioni europee l'anno scorso, molti si sono prodotti in analisi del voto, per lo più partigiane.  I fan hanno sottolineato il "grande risultato" dei centomila voti personali. Gli oppositori hanno indugiato sul confronto ingeneroso con i voti presi due anni prima alle comunali, che però è come confrontare le mele con le pere. Tanti o pochi che fossero quei voti, a mio avviso il vero dato è un altro: oltre la metà dei voti presi in Veneto, li ha presi nella sua Verona. Ciò vuol dire che nonostante sia sicuramente un volto conosciuto in ogni angolo della regione, abbia un appeal "nazionale", fuori dalla sua provincia Tosi non ha sfondato.

Questo è il campanello d'allarme più preoccupante (per lui) in vista delle regionali. Dove, bene che vada, potrà condurre in porto una "secessione" di Verona dal resto del Veneto. Con quali ripercussioni è difficile, al momento, prevederlo. 

venerdì 6 marzo 2015

Lo strappo senza ritorno di Tosi

Flavio Tosi fuori dalla Lega, in campo per le regionali pronto a sfidare Luca Zaia. Manca solo l’ufficialità ma ormai gli spazi di mediazione si sono azzerati. A meno di tre mesi dalle elezioni, si aprono orizzonti impensabili fino a qualche settimana fa. E anche Alessandra Moretti, candidata del Pd, ora spera di trarre vantaggio dai litigi in casa Lega.
Gli ultimi capitoli della saga padana sono un’escalation continua di strappi e accuse. Lunedì, Matteo Salvini ha di fatto commissariato la segreteria veneta retta da Tosi, imponendogli anche di abbandonare la sua fondazione politica se vuole restare nella Lega. Il sindaco di Verona, invece di alzare bandiera bianca, ha tirato dritto. E giovedì, dopo un pranzo tra i due contendenti che non ha risolto nulla, il consiglio della Lega veneta ha respinto in blocco tutte le decisioni milanesi. Nei fatti, è una scissione, anche se è da vedere quanti ora seguiranno davvero il sindaco.
Salvini ha detto che per lui la questione è chiusa. Tosi ha risposto che lui, a fare il segretario di una Lega commissariata, non ci resta. E che a quel punto tutte le opzioni sono possibili. A cominciare dalla sua candidatura a governatore. Sulla carta, il sindaco di Verona non ha alcuna chance di vincere e l’unico effetto che potrebbe ottenere è far perdere Zaia a favore della Moretti. Ma lui ripete che è una questione di dignità, la sua, che sente calpestata sia da Salvini che da Zaia. Il governatore, in particolare, si è opposto in ogni modo alla lista Tosi e alla possibilità che sia lo stesso Tosi a decidere i candidati della Lega.

L’indisponibilità di tutte le parti in causa a venire a patti è frutto anche della diffidenza, dei rancori e della rivalità maturati in questi anni. I nodi sono venuti tutti al pettine. E non c’è più tempo né modo, ormai, per scioglierli.
(Dalla rubrica Il Fatto della Settimana su Radio Adige)  

venerdì 20 febbraio 2015

Non c'è posto per i profughi, ci sono le elezioni

Gli effetti della guerra in Libia si fanno sentire anche alle nostre latitudini. Con il caos sull'altra sponda del Mediterraneo, aggravato dalla minaccia dell'Isis, il traffico di esseri umani diretti alle coste siciliane si è intensificato come non mai. I centri dell'isola sono sovraffollati e il Ministero dell'Interno ha il compito di smistare i nuovi profughi nelle varie regioni d'Italia.
In Veneto - e a Verona, che ne dovrebbe ospitare un'altra trentina - però non c'è più posto per loro. Questo almeno quanto affermano le istituzioni - Regione, Province, Comuni - spalleggiate dai prefetti. Ma il Viminale tira dritto. Ritiene che le resistenze non siano dovute a difficoltà reali di alloggiare questi nuovi disperati, che si vanno ad unire alle tante centinaia arrivati negli ultimi mesi. Il fatto è che con le elezioni regionali alle porte, ogni politico - da destra a sinistra - pensa al proprio consenso. E sostenere le ragioni dei profughi di certo non paga. Un dato è certo: il peso dell'accoglienza è in gran parte sulle spalle delle regioni del sud.






Intanto, A Tripoli, ha scelto di restare don Giovanni Innocenzo Martinelli, arcivescovo della capitale libica, nativo di San Giovanni Lupatoto. È uno degli ultimi italiani rimasti, la stessa comunità cristiana si è volatilizzata con l'avanzata due terroristi islamici. Ma lui a tornare in Italia non ci pensa nemmeno. E di fronte alla minaccia dei tagliato le dell'Isis ha detto, in un'intervista al Corriere: "probabilmente taglieranno la testa anche a me, ma io non ho paura. E di qua non mi muovo".
(Dalla rubrica Il fatto della settimana su Radio Adige)

venerdì 13 febbraio 2015

Tosi e Salvini, battaglia finale per il Veneto


Per le elezioni regionali in Veneto, sembrava tutto già scritto: Luca Zaia contro Alessandra Moretti, con il governatore uscente in vantaggio sulla sfidante del Pd.  Ma tutto già scritto non è, perché negli ultimi giorni è comparsa una variabile impazzita, che risponde al nome niente meno che di Flavio Tosi.
Il sindaco di Verona ha detto di essere stanco di fare passi indietro, come quello di 5 anni fa quando lasciò il campo libero a Zaia. Lo ha detto dopo che Matteo Salvini, il segretario della Lega Nord, ha siglato un nuovo accordo con Forza Italia e Berlusconi e, soprattutto, ha annunciato di voler cambiare le regole per candidature e alleanze. Anche per le elezioni in Veneto, si dovrà decidere a Milano.

Tosi, che è anche segretario della Lega veneta, ha capito subito di essere il destinatario della modifica. Lui, che vorrebbe sbarazzarsi di Forza Italia per mettere in campo una sua lista personale, verrebbe messo ai margini, isolato, senza più potere in consiglio regionale. Che è esattamente quello che vuole Zaia, dopo un mandato in cui è stato costretto a trattare ogni provvedimento con i fedelissimi di Tosi.
Salvini ha spiegato che farà da mediatore tra Tosi e Zaia, che un accordo è ancora possibile. Ma il sindaco di Verona, se non otterrà tutto quello che chiede, sembra ormai deciso a far da solo. Ovvero, a candidarsi lui stesso – in prima persona – a governatore contro Zaia, con una serie di liste civiche. Un sondaggio darebbe già adesso la lista Tosi al 12 per cento, ben più di Forza Italia. E se in Regione passasse la modifica alla legge elettorale che istituisce il ballottaggio, Tosi potrebbe giocarsela davvero.

Ma Tosi strapperà davvero? Lascerà una volta per tutte la Lega? Chi lo conosce, dice che non l’ha mai sentito così convinto. Forse perché sa che, dopo otto anni come sindaco di Verona, questa è la sua ultima chance di darsi un futuro all’altezza delle sue aspettative.
(dalla rubrica "Il Fatto della Settimana" su Radio Adige) 

venerdì 30 gennaio 2015

Ai costruttori di Verona piace il Grande Triangolo





Se la vedete dall’alto, su una mappa di Verona, appare come un grande triangolo tra l’Autostrada A 4, la Zai e il Quadrante Europa. Viene comunemente chiamata la Marangona ed è di proprietà del Consorzio Zai, l’ente pubblico chiamato a governare lo sviluppo di Verona Sud, che per altro deve ancora completare gli espropri.
Ebbene,  questo grande triangolo oggi interamente ricoperto di campi agricoli, è ormai diventato l’area buona per tutte le occasioni. I progetti, più o meno grandi, che investono la città vengono spesso pensati da qualche altra parte ma poi finiscono invariabilmente lì.
Ci sono almeno tre indizi a fare la prova. Il primo: lo stadio dell’Hellas. Un progetto della vecchia proprietà, di Giovanni Martinelli: dopo aver vagliato varie location – dalla Spianà, a San Massimo nell’area del seminario – ecco spuntare la Marangona. Dello stadio non si è più saputo nulla, così ecco che il grande triangolo diventa appetibile per altri insediamenti. E qui spunta  il secondo caso: Ikea. Inizialmente, la multinazionale svedese puntava all’ex area Biasi, oltre l’autostrada, ma la trattativa si è arenata per gli ingenti costi di bonifica e così è ritornata  d’attualità la Marangona.


Ma si rischia un certo affollamento se è vero che proprio qui – ed ecco il terzo caso – pensa di traslocare anche il famigerato cimitero verticale, il grattacielo funerario inizialmente previsto alla Mattarana, a Verona Est. Insomma, nel mondo delle costruzioni veronesi, non si può davvero dire – come in quella canzone di Renato Zero – il Triangolo No, non l’avevo considerato. 

(dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige)