lunedì 30 novembre 2015

La fine dell'Impero Tosiano #5: Giorgetti, le ragioni di una candidatura

Habemus anti-Tosi. Troppo presto per dire se la candidatura di Alberto Giorgetti sarà quella giusta per compattare il centrodestra veronese, ma di certo l'endorsement di Silvio Berlusconi al deputato ha dato il via, ufficialmente, alla campagna elettorale.


Quella di Giorgetti è, a mio avviso, un'ottima mossa. Come dite? E' stato Berlusconi a muoversi? Suvvia, non scherziamo. Nessuno può credere che l'ex Cavaliere abbia niente di meglio da fare, quando manca circa un anno e mezzo alla scadenza del secondo mandato di Tosi, di mettersi a pensare a Verona, quando ancora piazze cruciali come Roma e Milano (dove si vota in Primavera!) sono nel caos più totale.
No, qui è tutta farina del sacco di Giorgetti che ha messo in fila una strategia perfetta. Ha cominciato a farsi notare, sia a Verona ("Se qualcuno me lo chiede, io sono disponibile") sia a Roma, aderendo ad una associazione di Giorgia Meloni e avvicinandosi a Fratelli d'Italia. Così magari Berlusconi gli avrà chiesto: "Ma Alberto, che fai? Mi abbandoni per la Giorgia?". E zac: ecco l'investitura a sindaco di Verona.
Giorgetti ha un indubbio vantaggio: è la persona più titolata, trai politici del centrodestra veronese, per ambire al ruolo di sindaco. E' stato per tanti anni viceministro dell'Economia, ha fatto avere a Verona (alla fiera, in particolare) un sacco di soldi. Adesso sento tanti che dicono: "Berlusconi, indicandolo così presto, l'ha bruciato". Tutt'altro, a mio avviso. E provo a spiegare perché.
Il centrodestra anti-Tosi ha in mano il biglietto della lotteria ma non ha ancora un candidato. Si è creato un asse tra la Lega Nord e l'associazione Battiti (gli ex assessori del primo mandato di Tosi) che hanno cominciato a fare un lavoro "dal basso", che avrebbe dovuto portare in modo quasi naturale alla scelta del cavallo su cui puntare. In questo percorso, Giorgetti non aveva la minima chance e lui l'ha capito subito. E ha capito anche che, se non si muoveva in fretta, sarebbe stato troppo tardi per essere della partita. L'unico modo per giocarsi le sue chance era un'investitura "dall'alto". Ecco quindi il ricorso a Berlusconi.
Ora, non mi avventuro a dire che Giorgetti sarà il candidato. Ci saranno mugugni, veti. Si farà notare che lui da tanto tempo è a Roma, assente dal territorio. Si ricorderanno i suoi tanti cambi di casacca, e la vicenda ancora non chiarita delle non-dimissioni da parlamentare. Eppure, il profilo di Giorgetti ha anche indubbi punti di forza. Intanto, fu proprio l'An guidata da Giorgetti, nel 2007, a virare su Tosi, contribuendo a dar vita a quella che nella narrazione popolare del centrodestra è stato "l'ottimo primo mandato del sindaco", che si contrappone al "pessimo secondo mandato", che trarrebbe origine proprio dalla rottura tra Tosi e Giorgetti e dalla volontà del primo di far da sé. In secondo luogo, la candidatura di Giorgetti mette nei guai il Pd, che ha sostenuto due governi con Giorgetti sottosegretario (Monti, Letta) e ci si è alleato alle ultime provinciali in funzione anti-Tosi.
Altro che troppo presto, Giorgetti è già in fuga. E ora tocca agli altri rincorrerlo. 

venerdì 27 novembre 2015

Domande (senza risposta, per ora) sulla rapina a Castelvecchio

Ci sono ancora molte, troppe domande senza risposta sulla serata del 19  Novembre scorso, quella della rapina al museo di Castelvecchio. 

Si sa che tre banditi, il volto coperto dal passamontagna e armi in pugno, si sono introdotti nel museo all’orario di chiusura, hanno immobilizzato l’unica dipendente comunale presente e la guardia giurata, e hanno agito indisturbati per oltre un’ora. Alla fine, il loro bottino sarà di ben 17 quadri, alcuni preziosissimi (anche se il rimborso dell'assicurazione sarà una beffa), stivati nella station wagon della stessa guardia giurata che è stata poi usata per fuggire. Ma, come detto, tante cose ancora non tornano. Ad esempio:
  • Perché dalla centrale operativa della Sicuritalia, la ditta privata che ha in appalto la sorveglianza del museo, nessuno si è accorto di nulla, se non oltre un’ora dopo la fine della rapina, quando la guardia giurata ha chiamato per avvertire della rapina
  • In particolare, perché nessuno ha notato che l’allarme a Castelvecchio non era stato inserito come ogni giorno tra le 19.40 e le 20, tanto più che negli ultimi tre mesi solo una volta era stato inserito alle 20.30 per un convegno al museo, ma dopo aver informato la ditta del cambio di programma?
  • E perché, sebbene Castelvecchio sia uno dei principali siti sorvegliati che assorbe oltre un terzo del budget del contratto di appalto, è sfuggito al controllo, mentre la stessa ditta ha rilevato che in una piccola scuola materna di Verona, le Maggio Ciondolo, quella stessa sera alle 20 l’allarme non era inserito e ha ordinato un controllo?
  • E ancora: è solo fortuna, quella dei rapinatori, di aver scelto come giorno per il colpo quel giovedì in cui c’era un solo dipendente comunale in servizio mentre in regola sono molti di più, e ad esempio la sera prima c’erano ben cinque dipendenti al museo?
Sono questi alcuni dei punti sollevati anche da Flavio Tosi nella sua relazione al consiglio comunale. Il sindaco ha già deciso di rivalersi contro la ditta di security, sostenendo che se tutte le procedure fossero state rispettate, quella sera, la rapina del secolo a Castelvecchio non sarebbe mai potuta avvenire. 

(dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige

venerdì 13 novembre 2015

Verona, l'isola felice (che non c'è)

Una disoccupazione più bassa non solo della media veneta, ma anche  di quella statunitense, o tedesca. Un ulteriore crescita di posti di lavoro, nell'ultimo trimestre, dell'1,18 per cento con una previsione di un ulteriore, simile aumento nel quarto. Questo favorito dalla dimensione medio-grande delle imprese, dalla più massiccia presenza di multinazionali in Italia dopo Milano, e dal fatto che otto imprenditori su dieci, quando fanno utili, li reinvestono nelle loro aziende. Il ministro del Lavoro Poletti ha parlato di "un esempio per tutto il Paese".



Questa isola felice, nel contesto ancora turbolento dei primi timidi accenni di ripresa dopo sette anni di crisi nera, è Verona. Almeno, questa è la fotografia della città e della sua provincia scattata da Confindustria, in occasione dell'assemblea di lunedì scorso al PalaSport. Il Corriere della Sera ha parlato di una "piccola America del lavoro", soprattutto in confronto a quello che accade nel resto d'Italia.

Come chi abita a Verona sa bene, la situazione non è così rosea come la si dipinge. Lo stesso presidente degli industriali, Giulio Pedrollo, ha parlato di una città a due velocità, dove l'economia corre ma le grandi opere, le infrastrutture e i progetti restano al palo, in una preoccupante situazione di immobilismo. Basta pensare all'eterna vicenda del traforo delle Torricelle, all'Arsenale, per non parlare di insediamenti commerciali come Ikea.

Ecco che l'analisi di Pedrollo è stata letta da più parti come un fendente diretto a Flavio Tosi, che in Comune sta passando tempi molto difficili, con una maggioranza sempre più sottile. "Ognuno fa quel che può con le risorse e i poteri che ha, sarebbe come se io dessi la colpa agli industriali della crisi", si è giustificato il sindaco. Eppure, i fatti di questi giorni sembrano dare ragione agli industriali. La delibera che dovrebbe portare un Esselunga di fronte alla fiera è ancora impantanata a Palazzo Barbieri, senza che se ne veda una via d'uscita.

(Dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige) 

giovedì 12 novembre 2015

La fine dell'Impero Tosiano #4: L'Impero perde pezzi

Flavio Tosi non cadrà. Non subito, almeno. Ma quelli che gli si prospettano di fronte sono mesi di agonia. Con l'uscita di Ciro Maschio di Fratelli d'Italia, la maggioranza in consiglio comunale è ancora più esigua: 19 (sindaco compreso) contro 18. Vuol dire che Tosi dovrà sempre presenziare alle sedute e sperare che la pattuglia rimasta sia compatta, convinta e in salute. Senza contare il caos nelle commissioni, in particolare quella urbanistica, che deve licenziare delibere come Esselunga e gallerie dell'ex mercato: ballano oltre 30 milioni.


Si dice: l'allora sindaco Paolo Zanotto sopravvisse in una simile situazione cinque anni. Sì, vero. Io c'ero: ho fatto più volte le quattro di notte in quegli anni, a seguire sedute eterne con migliaia di emendamenti ostruzionistici, che quando ero studente fuori sede all'Università. Io, onestamente, non vedo tra le fila della maggioranza tanta gente disposta a scendere in trincea come allora. Non vedo tanta gente disposta a immolarsi per la causa. Anzi, vedo gente dominata dai propri (magari legittimi) interessi, che cerca di fiutare l'aria, per capire cosa fare. In quest'ottica, può anche arrivare il soccorso al sindaco dal suo ex sfidante Luigi Castelletti e da Marisa Brunelli dell'Udc. Ma per quanto? E a che prezzo?

Autocandidature 

Tosi è ammaccato, perde pezzi in consiglio, altri pezzi importanti di città paiono averlo mollato. Ma la mia personale sensazione è che, pur praticamente impossibilitato a far nulla, starà in sella fino a quando non si materializzerà l'anti-Tosi. Insomma, quello che potrà essere riconosciuto come il front runner alle prossime elezioni. Quello a cui i peones che oggi tengono in vita il sindaco in consiglio comunale si rivolgeranno per pensare alla propria futura rielezione. Chi sarà? Boh. Intanto Alberto Giorgetti, appena passato con Giorgia Meloni.  fa sapere che lui c'è. E' già la seconda intervista in cui dice di essere disponibile se glielo chiedono. Nessuno gliel'ha ancora chiesto. insomma. 

Tosi in Tod's? 

Se Verona regala poche gioie, Tosi continua a muoversi su più piani. Quello che serve ai Tosi, ai Quaglierello, ai Fitto e agli altri che cercano di costruire un centrodestra molto centro e poco destra, alternativo a Salvini da una parte e a Renzi dall'altra,  è un leader, che possa portare una ventata di novità a quella che, al momento, è poco più che un'operazione di palazzo. Mai decollata davvero l'ipotesi di Corrado Passera (per evidenti limiti politici ed empatici), il jolly potrebbe essere Diego della Valle, che entro fine anno presenterà il suo partito. Con un bel paio di Tod's ai piedi, Tosi potrebbe trovare la via che, dopo la fine dell'Impero, lo porterà a Roma. 

venerdì 6 novembre 2015

Esselunga e il grande supermercato della politica

Flavio Tosi può cadere su un supermercato?  È la domanda che si sono fatti gli osservatori dopo quanto accaduto giovedì sera in Comune. Il consiglio comunale avrebbe dovuto votare la delibera che permette l’insediamento di Esselunga nell’area di fronte alla Fiera, un’operazione che porterebbe nelle casse del Comune la ragguardevole cifra di oltre 23 milioni di euro.

Ma la delibera in aula non è mai arrivata. Perché nella commissione che avrebbe dovuto licenziarla, è successo il finimondo. Il presidente, Ciro Maschio di Fratelli d’Italia, si è dimesso passando in minoranza. A suo avviso, il sindaco dopo le elezioni regionali non ha dato segnali di discontinuità sulle nomine e politicamente si è spostato troppo a sinistra, flirtando con Renzi. 



E ora che succede? Secondo Tosi non cambia nulla. Se la commissione è ingovernabile e non ci sono più i numeri, ci penserà la conferenza dei capigruppo a mandare in aula la delibera e, la prossima settimana, verrà approvata, come era stata regolarmente approvata in prima lettura, la scorsa estate, pur tra i mal di pancia di diversi consiglieri. In ogni caso, l'iter sarà concluso solo una volta che arriverà il parere positivo della Regione Veneto, che aveva bocciato la pratica in prima istanza.

C'è chi ne ha fatto una battaglia di merito: un supermercato in quella zona non s'ha da fare perché ce ne sono già troppi a Verona e perché ruberebbe posti auto alla Fiera. Ma la verità è che  la delibera Esselunga è diventata l'ultima trincea con cui gli oppositori cercano di dare la spallata decisiva a Tosi. C'è anche un altro fronte quello del cimitero verticale, da cui il Comune spera di incassare 11 milioni: l'ultima idea è di farlo alla Genovesa, dopo che sono tramontate le ipotesi San Michele e Marangona. In totale, fanno circa 35 milioni di euro: una somma enorme, su cui Tosi si gioca l'ultimo anno abbondante di mandato, tanto più che il suo cavallo di battaglia - il traforo delle Torricelle - è lontano come non mai.

E in quel grande supermercato che è la politica, non c'è nulla di peggio che presentarsi alla cassa con il portafogli vuoto.

(Dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige) 

giovedì 5 novembre 2015

La fine dell'Impero Tosiano #3: Il ritorno del Papa straniero

Su L'Arena di domenica scorsa, il giornalista veronese Stefano Lorenzetto, ex firma de Il Giornale e biografo di Tosi,  ha suggerito al Pd di candidare lo psichiatra Vittorino Andreoli a sindaco nel 2017. La proposta ha una sua bizzarria intrinseca - un esperto di "matti" a capo del consiglio comunale, dove approderebbe all'età di 77 anni - e par di capire che lo stesso Lorenzetto la usi come "esca" per convincere Andreoli a ritirare il premio Masi (non Maso, eh!) di cui è giurato. E' comunque interessante perché ripropone un tema che si ripropone ciclicamente per il centrosinistra a Verona a ridosso delle elezioni: quello del "Papa straniero".



La teoria è più o meno la seguente: poiché a Verona il centrosinistra è per sua natura perdente, in quanto considerato - a torto o a ragione - troppo vetero, troppo comunista o troppo entrambe le cose, comunque distante da quella platea di elettori "moderata" (temine che aborro, ma per capirci) che può decidere la contesa, l'unica soluzione è allora chiamare qualcuno da fuori che faccia da garante, ci metta una faccia rassicurante e consenta quanto meno di provarci.

Dal crollo della Prima Repubblica in poi, è sempre andata così. Nel '94 il candidato del centrosinistra fu l'avvocato Dario Donella. Nel '98 toccò al'ex direttore de L'Arena Giuseppe Brugnoli (ma Lorenzetto ci rivela che, prima di lui, gli allora Ds avevano sondato proprio Andreoli). In entrambi i casi, furono sconfitti da Michela Sironi. Nel 2002 la strategia del Papa Straniero funzionò con un avvocato dal cognome importante, Paolo Zanotto, ma grazie anche alla stessa Sironi che si rivoltò contro Forza Italia facendo perdere Pierluigi Bolla, fresco presidente di Veneto Banca. Il miracolo, per Zanotto, non si ripeté nel 2007, anche perché nel frattempo era arrivato un certo Flavio Tosi. Nel 2012, il Papa Straniero lo scelsero le primarie, nella persona del leader di Legambiente Michele Bertucco: troppo a sinistra, ovviamente non c'è stata storia.
Certo è che. in certi ambienti del Pd veronese, la suggestione del Papa Straniero è intatta e tornerà di scottante attualità anche perché, di candidati del Pd - è il caso di dire -  "papabili", al momento, non c'è nemmeno l'ombra.

Fermento a destra 

Uno dei possibili candidati sindaco per il 2017 del centrodestra, Alberto Giorgetti, ha cambiato casacca.
Non è la prima volta, per l'ex sottosegretario, ex An, ex Pdl, ex Ncd, poi Forza Italia e ora tra i fondatori di Terra Nostra, il nuovo movimento targato Giorgia Meloni. Giorgetti (che pure al momento resta in Fi),in attesa di capire se e come potrà essere della partita per il Comune, diventa intanto di diritto referente veronese della Meloni e candidato in pectore  alle prossime elezioni politiche (fossimo nel leader locale di Fratelli d'Italia, Ciro Maschio, non dormiremmo sonni tranquilli).



Intanto, interessante notare come  faccia ormai parte stabilmente della futura coalizione l'ex leader di Forza Nuova Roberto Bussinello, oggi a capo dl movimento Sovranità.
Da sinistra Federico Sboarina (Battiti), Lorenzo Fontana
(Lega Nord) e Roberto Bussinello (Sovranità) (Foto Cronaca di Verona)
Con una Forza Italia praticamente evaporata, se non altro a livello organizzativo, l'iniziativa è per ora nelle mani della Lega Nord e dell'associazione Battiti (quella degli ex assessori  ex Pdl di Tosi), il cui collante ultimo è in fondo l'"antitosismo". Chiaro che con Bussinello, anche lui da tempo nemico giurato del sindaco di Verona, l'asse si sposta molto a destra, con il rischio di lasciare scoperto il centro, dove si è spostato proprio Tosi. Se va avanti così, anche a destra potrebbe essere necessario ricorrere a un Papa straniero per rassicurare l'elettorato verso derive "estremiste".