lunedì 22 aprile 2013

Pd e Lega: il dilemma dei ribelli

Sparare sul Partito democratico, di questi tempi, è peggio che sparare sulla Croce Rossa, quindi evito. Piuttosto, mi concentro su una nota a margine del dibattito che ha per titolo "Il Pd ha sbagliato tutto, ha consegnato il suo elettorato a Grillo e il Paese a Berlusconi": quella che riguarda l'influenza di facebook e twitter sul comportamento dei "giovani" parlamentari Pd che hanno affossato Marini. 
Molti parlamentari Pd (a Verona tre su quattro: D'Arienzo, Rotta e Zardini) sono stati eletti grazie alle primarie: hanno preso, nel caso veronese, dai 2.500 ai 3.500 voti, che gli hanno consentito di staccare il biglietto per Roma. Ora, questi voti sono non sono "amici" su  facebook o follower su twitter: sono persone vere, in carne ed ossa, che usano i social network per comunicare con la persona cui hanno dato fiducia. Credo che i parlamentari, questi votanti, li conoscano quasi uno per uno. Dire che non dovevano ascoltarli e fare come chiedeva loro il segretario (ora dimissionario) del loro partito era una battaglia persa in partenza. 
Il loro dilemma è simile, seppur in proporzioni diverse, a quello che vivono i militanti dell'unico altro "vero" partito rimasto in Italia (tralascio i partiti "personali" o para-aziendali), ovvero la Lega Nord. C'è un caso, a Verona, che sta scoppiando. A Villafranca, dove si vota tra poco più di un mese, il "capo" Tosi ha chiesto ai leghisti locali di appoggiare il candidato scelto dalla "Lista Tosi", il primario siciliano Pecoraro (il "Marini" della situazione). Ma loro non ci stanno: i loro elettori non glielo perdonerebbero  e quindi di schiereranno con il sindaco uscente del Pdl, Faccioli (il loro "Rodotà"...), condannandosi così all'espulsione dal loro partito. D'altra parte, gli atti di ribellione non sono mai senza conseguenze
E qui torno ai "nostri" parlamentari del Pd, ed in particolare a chi, come Alessia Rotta e Vincenzo D'Arienzo, ha contribuito ad affossare Marini per dire no alle large intese con Berlusconi, e ora si troverà a votare un "governissimo" appoggiato dallo stesso Berlusconi: un boccone, per chi li ha votati, ancor più indigeribile di quello di Marini.  Se voteranno la fiducia, tradiranno i loro elettori; se non la voteranno, abiureranno al loro partito. So che hanno stipendio invidiabile e privilegi, ma io davvero - in questo momento - non li invidio. 

venerdì 12 aprile 2013

In morte di un (bravo) ambientalista

E' morto Sandro Campagnola, curatore di un bel sito che racconta(va) il lato oscuro della Valpolicella e da cui ho tratto spesso ispirazione per scrivere i miei articoli. L'ho incontrato di persona una sola volta, esattamente due anni fa. Mi aveva dato appuntamento al quartiere Navigatori, dove aveva un ufficio. Abbiamo mangiato assieme un panino e parlato per un paio d'ore di quella terra alla quale eravamo entrambi visceralmente legati e che soffrivamo nel vedere, ogni giorno, violentata e sfregiata da chi non ne aveva compreso il valore e la bellezza. Ho ritrovato il resoconto di quella chiacchierata qualche giorno fa, riordinando i miei appunti. Quasi un segno del destino. La pubblico qui, senza cambiare nulla, come un piccolo e personale omaggio a una persona vera, che ha combattuto fino alla fine in quello che credeva. E sarebbe bello se ora qualcuno, in sua memoria, compilasse questa tabellina che lui aveva lasciato vuota.


12 aprile 2011
 Sandro Campagnola abita a Valgatara, è il curatore del sito teladoiolavalpolicella.
Un cancro lo sta divorando da anni: è partito da un rene, poi è andato in metastasi prendendogli i polmoni. E’ inoperabile: il farmaco che gli hanno prescritto serve solo a guadagnare tempo.
Magari è stata sfortuna. Magari era scritto che andasse a finire così. Ma nulla può togliergli dalla testa il pensiero che una piccola, invisibile particella di metallo pesante si sia infiltrata un giorno nel suo organismo. Gli anticorpi, addestrati ad allertarsi contro virus e batteri, l’hanno lasciata perdere, credendola innocua. Ma lei si è depositata, e i tessuti intorno si sono infiammati, creando il brodo di coltura ideale per il proliferare delle cellule tumorali.
Da dove è venuta quella particella? Sandro abita nel cuore della Valpolicella, a Valgatara, circondato da pregiati vigneti nutriti  però di velenosi pesticidi e da un cementificio che  si è incuneato decenni fa nei dintorni di Fumane.
Fermare i progetti di ampliamento di Cementirossi e creare le condizioni perché l’azienda levi le tende sono diventate le ragioni della sua vita. Dal suo sito, non esattamente un blog, dà notizie, esprime opinioni, lancia provocazioni. Come quella studiata per smascherare il ricatto occupazionale dell’azienda: “ma quanti sono i dipendenti Cementirossi? Sono 100, oppure 50, 40, 30…”. Per questo riceve svariate mail d’insulti da dipendenti, il più delle volte anonimi.
Sandro è cosciente che se la sua battaglia dovesse avere infine successo, molta gente perderebbe il lavoro. Ma per lui questa è una responsabilità dell’azienda, che non ha studiato nessun piano alternativo al nuovo forno (per Sandro, come per gli altri ambientalisti della zona, un inceneritore mascherato) per altro bocciato dal Tar. “Non abbiamo mai detto che l’azienda deve chiudere domani – spiega – ma dovrebbe fare un piano per arrivare alla chiusura programmata in un arco di alcuni anni”. Sa di cosa parla: il suo lavoro, che ora svolge in forma saltuaria, è quello di consulente aziendale, specializzato in crisi aziendali. Un po’ come il George Clooney di Tra Le Nuvole, dev’essere stato bravo. “Non ho mai subito intimidazioni, mai una gomma tagliata della macchina”.
Ora che si batte contro il cementificio è diverso. Non solo per lui. Franco Scamperle, viticoltore proprietario della cantina “Le Salette” e tra i firmatari del ricorso al Tar contro il cementificio, si è trovato dodici vigne tagliate.
Gli oppositori, tra gli imprenditori, del cementificio sono una piccola coalizione formata da Franco Allegrini, Giorgio Sboarina (fratello di Re Lele) de La Costa degli Ulivi, e Ugolini di Ugolini Petroli, che ha dietro una cinquantina di piccoli imprenditori della zona. I due comitati che svolgono il lavoro sporco sono Valpolicella2000 e Fumane Futura.
Politicamente, mi dice che il sindaco di Fumane ha un atteggiamento pilatesco. Nella Lega, che pare sia l’unico partito che conta ormai, ci sarebbero spaccature, ma Tosi avrebbe promesso pressioni sulla soprintendenza per non consentire gli scavi nella collina di Marezzane. 

A posteriori, non so dire se  quelle valutazioni di Sandro fossero corrette. Registro che, effettivamente, la soprintendenza ha bloccato gli scavi a Marezzane e il Tar ha confermato la decisione. Ma, quella contro il cementificio, era solo una delle tante battaglie di Sandro, che aveva una sola, vera, linea editoriale: non possiamo abdicare al bello, che è la nostra unica ricchezza. Una lezione che purtroppo, in questo Paese di grandi tesori coperti di ancora maggiori brutture, in pochi hanno assimilato.

martedì 9 aprile 2013

Piccolo breviario degli insulti di Bossi a Tosi


«A Pontida c'erano dei fascisti che picchiavano anche le donne. Avevano i guanti neri e secondo me venivano da Verona...» . Come un fiume carsico, è riemerso il livore di Umberto Bossicontro Flavio Tosi. Un grande classico, che caratterizza la storia della Lega da almeno dieci anni. La sparata contro i fascisti di Pontida (anche se, in realtà, Tosi è stato fischiato da una nutrita truppa di lealisti del Senatur) ne ricorda altre, del passato recente ma anche (politicamente) remoto.
Un piccolo breviario degli insulti di Bossi a Tosi merita di essere compilato.
  1. “Tosi è morto”. Correva l'anno 2003, a Verona si teneva un corteo contro il procuratore capo Guido Papalia, “reo” di aver indagato Tosi e altri leghisti per una campagna contro il campo nomadi. C'era anche Bossi e molti giurano di avergli sentito dire quella frase, mentre si approcciava al palco. Molti la interpretavano come l'irritazione del Grande Capo per l'eccessivo “protagonismo” del Flavio nostrano. La Lega di Verona (Tosi ne era segretario) venne poi commissariata (l'accusa di Bossi: Tosi "mise tutta la sua famiglia dentro la sede della Lega di Verona") ma quella sentenza non fu mai applicata, forse anche per la successiva malattia del Senatur.
  2. “Il presidente della Regione Veneto? Vedo bene Tosi”. Bossi lo dice a metà 2009, quando manca ancora un anno alle regionali. Ma Bossi non ha mai avuto intenzione di candidare Tosi a quella carica, tanto che poi scelse Zaia. A posteriori, fu un tentativo di cucinare Tosi, tornato sulla cresta dell'onda dopo l'elezione a sindaco di Verona, a fuoco lento, molto lento. Forse troppo lento.
  3. “Tosi ha riempito la Lega di fascisti”. Eccola qua, la grande ossessione del Senatur. Secondo molti, nasce quanto alcuni elementi del “cerchio magico” gli fanno notare che nella lista civica del sindaco (per molti leghisti, il “partito di Tosi”, concorrente alla stessa Lega) vengono dal mondo dell'estrema destra. Siamo nell'autunno del 2011, Bossi viene messo per la prima volta in discussione nel partito e la fronda interna si manifesta apertamente durante il drammatico congresso nella “sua” Varese. Di li a poco, il Senatur non si tiene più.
  4. “Tosi è uno stronzo”. Sembra la sentenza di morte (politica) finale per Tosi, la sua espulsione dal Carroccio viene data per certa, e comunque i leghisti giurano che lo sarà se Tosi proseguirà nella sua idea di presentarsi alle amministrative del 2012 con la sua lista civica, il suo “partito”. Ma in pochi giorni il mondo cambia: scoppia lo scandalo dei diamanti in Tanzania, Bossi è costretto a dimettersi, Maroni brandisce le scope e Tosi rivince le elezioni con la sua lista (e promette di farne un nuovo movimento, insomma un “partito").
    p.s. Divertente la tempistica dell'ultima intemerata di Bossi, che consiglia anche Berlusconi di votare la fiducia a Bersani, proprio mentre Tosi dibatte aVinitaly con Matteo Renzi.