martedì 27 novembre 2012

Gangnam e il peggio del peggio di piazza Bra


Mi ci è voluto un po’ di tempo per metabolizzare l’evento che ha contraddistinto la giornata di domenica a Verona, sia per il rilievo mediatico che ha avuto sia per la partecipazione, al di sopra delle aspettative degli organizzatori. No, non parlo delle primarie del centrosinistra. Mi riferisco al flash-mob che ha attirato in piazza Bra migliaia di ragazzi per ballare al ritmo dell’ultimo successo di un rapper coreano, Gangnam Style. Sono troppo vecchio (dentro), schizzinoso (choosy al cubo) e pessimista (i Maya avevano ragione!) per dare dei giudizi di merito, che non suonino scontati e moralisti. Piuttosto, come in occasione del concerto-evento di Celentano avevo cercato di esorcizzare il mio malessere interiore con l’elenco del peggio del peggio mai visto in Arena, così stavolta non trovo di meglio di fare lo stesso per quanto visto all’ombra dell’Arena, in piazza Bra. Ovviamente, considero Gangnam Style fuori concorso, e comunque senza l’aggravante di essere stato promosso dall’amministrazione comunale, come le cinque brutture che seguono.
5. Monumento della Pace. Due lastroni che dovrebbero richiamare il muro di Berlino, citazioni pacifiste – da madre Teresa a Kennedy a papa Giovanni Paolo II, e lo storico bacio in bocca tra Breznev e Honecker, il tutto in stile graffito ma trasudante buonismo. Il monumento della Pace realizzato dagli studenti dell’Accademia Cignaroli può essere anche una lodevole iniziativa, ma a me, ogni volta che lo guardo,   scatena dentro una guerra interiore: l'etica che fa a pugni con l'estetica e entrambe che ne escono con le ossa rotte.
4. Festival Show. Ci sono un sacco di luoghi (centri commerciali, fabbriche dismesse, piazzali di sosta per autotreni) che sarebbero perfetti per ospitare l'evento itinerante di Radio Birichina e Monella con il suo corredo di cantanti navigati (tipo Ricchi e Poveri) e volti nuovi dei talent show (da Antonino a Emma): ma perché proprio piazza Bra?
3. Capodanni. Non sono mai stato un amante dei Capodanni in piazza, anche se i fuochi d'artificio per salutare l'anno che se ne va sono un rito di passaggio che conserva un suo fascino. Certo che se per brindare  sotto gli zampilli luminosi mi devo sorbire, nell'ordine, Little Tony (2007) i Dick Dick (2008), Ricchi e Poveri (ancora loro! 2010), i Sonohra (2011) e Umberto Tozzi (2012), preferisco di gran lunga starmene a casa a sparar miccette.
2. Piazza dei Sapori. L'evento dove tutti vanno per ammirare i prodotti tipici delle varie regioni italiane, ingozzarsi degli assaggini gratis del salame di cinghiale o del pecorino stagionato, salvo poi rinunciare a comprarli (troppo cari; e poi che me ne faccio del salame di cinghiale?) per rifornirsi di bomboloni fritti dal solito ambulante scaltro che si è intrufolato nel gruppo. Però vuoi mettere mangiarli all'ombra dell'Arena?
1. Festa della Birra. Un’Oktoberfest fuori stagione (in maggio), per celebrare i 50 anni del gemellaggio con Monaco di Baviera: certo è che il tendone montato davanti alla scalinata di Palazzo Barbieri nella primavera di due anni fa, con dentro tavolate cariche di salsicce e crauti e cameriere vestite in stile tirolese a maneggiare boccali da litro, segna un punto di non ritorno. E pensare che due mesi prima, la soprintendenza aveva vietato un evento in piazza Bra della Panini (quella delle figurine) perché lo stand non era compatibile con “il sito monumentale della città”. Un rutto ci seppellirà.


lunedì 26 novembre 2012

Primarie a Verona, il falso problema degli infiltrati

In Veneto ha vinto Bersani  su Renzi: 41,18 per cento contro 36,45  per cento. A Verona situazione uguale e inversa: Renzi avanti con il 41,39 mentre Bersani si ferma al 39,87. Il sindaco di Firenze ha sfondato in provincia, specialmente nei comuni della Bassa (come Cerea) e a San Giovanni Lupatoto (terra del suo "pupillo" Federico Vantini, sindaco del paese). Bersani, invece, tiene bene nel comune capoluogo. Vista la grande affluenza, comunque diecimila persone in meno rispetto alle primarie del 2005, tutti dicono di aver vinto: vedremo al ballottaggio.
Due riflessioni al volo, però, sono d'obbligo. Primo: sento che ci sono lamentele in giro, specialmente da rappresentanti di seggio bersaniani, che puntano il dito contro gli "infiltrati": insomma, gente del centrodestra e della Lega che, per "spaccare il Pd", è andata ai seggi a votare Renzi. Come se il voto e l'appartenenza politica fosse qualcosa che è impresso nel dna delle persone, e non si potesse cambiare. A me, invece, pare normale (dico di più: salutare) che elettori portati a votare a destra - vedendo la desolazione tragicomica nel loro campo - siano portati a valutare offerte politiche differenti. Se è vero quanto ha scritto Galli Della Loggia domenica sul Corriere, l'Italia è un paese dove la cultura di "destra" è maggioritaria: ergo, se la sinistra vuole vincere le elezioni, deve presentare un'offerta politica che ne tenga conto. I casi sono due: o vince Renzi - le primarie e poi le elezioni, con i  voti del centrodestra, o vince Bersani e dovrà poi governare con i voti del centrodestra (ovvero Casini). Il resto sono chiacchiere.
Secondo: a Verona (come nel resto d'Italia) i pezzi grossi del Pd sono per la stragrande maggioranza bersaniani. Il minimo che si possa dire è che il voto di domenica segnala una distonia tra organismi dirigenti e elettori. Certo, queste sono primarie per la premiership e non un congresso di partito. Ma se il Pd vuole contare qualcosa a Verona, dove ha percentuali residuali e di fatto conta poco o nulla, non può certo fingere che non sia successo nulla.

mercoledì 14 novembre 2012

Il portavoce del sindaco: un po' di luce sulle "ombre"

Ho letto anch'io sul Fatto quotidiano on line l'articolo sul "sistema Tosi", dove si parla di "ombre" sul portavoce del sindaco di Verona. Si prende spunto dal pandemonio scoppiato in Agec dopo che Michele Croce, defenestrato dalla presidenza per le spese "non necessarie" alla sistemazione del suo ufficio, ha sollevato una serie di presunte irregolarità nell'azienda che sarebbero la vera ragione, sostiene lui, della sua cacciata. Il Fatto arriva così a parlare dell'appartamento di proprietà dell'Agec in vicolo Due Mori  dove ha vissuto per un paio d'anni il portavoce del sindaco Flavio Tosi, Roberto Bolis, pagando - si precisa - 339 euro al mese pur con uno stipendio da oltre 120mila euro (lordi) l'anno. Oggi su L'Arena (il Corriere non era in edicola causa sciopero) la notizia viene smentita: si parla di un affitto da 7.746 euro l'anno, ovvero 645 euro al mese, per un tre vani di 58 mq. Si scrive anche che la base d'asta era di 580 euro, che la precedente gara indetta tre mesi prima a 695 euro era andata deserta e che quella di Bolis era l'unica offerta pervenuta. Di chi fidarsi? A chi credere?
Premetto che non ho a mia disposizione nessuna carta segreta, nessun contratto d'affitto e nessun documento. Posso però condividere questa storiella. Una sera di un paio d'anni fa, quindi in tempi non sospetti, tornando a casa dalla redazione, trovai il portavoce del sindaco Tosi  Roberto Bolis. Abitava al tempo proprio nel famigerato appartamento di palazzo Forti, con ingresso da vicolo Due Mori. Mi invitò da lui per bere un bicchiere di vino e io accettai. Il palazzo era prestigioso, ma un po' dimesso. L'appartamento poi mi sembrò  piuttosto modesto, un bilocale con finiture standard (e bagno non finestrato, se ricordo bene). Ricordo in particolare un divano letto nel soggiorno, che poteva essere stato acquistato all'Ikea, che lo stesso Bolis si era portato da Treviso, sua città d'origine. Chiesi a Bolis quanto pagava d'affitto, mi rispose attorno ai 650 euro. Mi interessava saperlo visto  che abitavo (e tutt'ora abito) a cinquanta metri di distanza e volevo fare un confronto: la cifra, tutto sommato, mi sembrava congrua.
Ricordo chiaramente di aver pensato che il portavoce del sindaco, con lo stipendio che aveva, poteva sicuramente permettersi qualcosa di meglio. Ricordo anche di aver pensato che, al posto suo, vista la delicatezza del ruolo, io non avrei preso in affitto un appartamento dall'Agec (benché ottenuto con una regolare offerta a un'asta), ma mi sarei rivolto a un'agenzia immobiliare privata. Ma questa è una questione di sensibilità personale. 

venerdì 9 novembre 2012

Agec (e le altre): i magistrati facciano presto

A Verona non c'è stato ente pubblico che non sia finito, prima o dopo, sotto la lente della magistratura. Vent'anni fa, quando infuriava Tangentopoli, il centro della corruzione era l'Agsm: non a caso i dorotei avevano lasciato volentieri la carica di sindaco alla sinistra interna, per tenersi la carica di presidente di lungadige di via Galtarossa, dove giravano i soldi veri. Anche Amia, aeroporto Catullo, fiera, autostrada Serenissima erano stati travolti. D'altra parte funzionava come un vero e proprio "sistema": i partiti di governo (Dc e Psi) si spartivano cariche e tangenti, secondo proporzioni precise. I metodi dei magistrati potevano essere brutali, con un ricorso estensivo alla carcerazione preventiva. Poi però qualche pezzo grosso vuotava il sacco. E chi finiva nella rete non aveva molte alternative al patteggiamento, e doveva  restituire quanto preso.
Da qualche anno, qui a Verona, la magistratura è tornata a interessarsi della gestione delle aziende pubbliche, con risultati però molto diversi. L'indagine sui bilanci della fondazione Arena, gravati da un buco di milioni durante la gestione Orazi, non ha portato a nulla. Di quella sulla presunta "parentopoli" in aziende come Agsm, Amia e altre, denunciata pubblicamente da alcuni esponenti del centrosinistra che tuttavia non si erano rivolti direttamente alla procura contestando l'inopportunità di certi comportamenti e non la loro rilevanza penale,  si sono perse le tracce. Poi è arrivata l'inchiesta sull'aeroporto Catullo, aperta dopo una trasmissione televisiva in cui gli ex amministratori parlavano liberamente di spartizione di posti e assunzioni pilotate dalla politica: era il febbraio dell'anno scorso, ex presidente e ex direttore generale sarebbero indagati, ma di più non si sa. Adesso, una nuova indagine, sull'Agec, di cui si è parlato molto negli ultimi tempi perché il presidente è stato cacciato per essersi rifatto l'ufficio. Ma questa indagine con questo fatto non c'entrerebbe, si indaga invece ad ampio spettro  su appalti e assegnazione di alloggi e su tutta l'attività dell'azienda degli ultimi mesi.
Ogni volta i diretti interessati reagiscono allo stesso modo:  "massima fiducia nei magistrati". Poi però spesso le indagini si dimostrano complicate, i tempi si allungano, l'opinione pubblica (e la stampa) se ne scordano fino allo scandalo successivo. C'è davvero da augurarsi che stavolta sia diverso, che le indagini siano rapide e circostanziate, perché in giro ci sono parecchi inquinatori di pozzi e c'è un grande bisogno di chiarezza e trasparenza.

lunedì 5 novembre 2012

Caso Agec: messo in Croce troppo presto?


Mi sono espresso qualche settimana fa sul “caso Croce”, ma gli ultimi sviluppi meritano di essere raccontati. Già perché il presidente (sfiduciato) dell’Agec, l’azienda comunale che gestisce gli alloggi popolari, accusato di essersi rifatto l’ufficio a caro prezzo – e quindi subito additato come emblema della “casta” – è passato al contrattacco. La sua strategia difensiva (Croce è pur sempre un avvocato) mira a far passare, sostanzialmente, questo messaggio: quello dell’ufficio è un pretesto per farlo fuori, dopo che lui ha iniziato a mettere il naso in alcune questioni “scottanti” con l’intento di fare pulizia. Croce ha raccontato di serrature cambiate per evitare che lui potesse accedere alle stanze, ha sollevato il caso dei tanti appartamenti di pregio di proprietà dell’Agec affittati a prezzi risibili, se comparati con i prezzi di mercato, divulgando anche i nomi di alcuni inquilini eccellenti: un consigliere comunale e un consigliere di amministrazione della stessa Agec, entrambi della Lega Nord.
Mi sono passato in rassegna la pagina facebook di Croce. Abbondano i commenti dei suoi sostenitori che lo spronano: “Avanti, scoperchiamo il pentolone”, “Non mollare, mandali a casa tutti”, “Croce sei una brava persona mi raccomando tieni duro e non mollare”, “spero tu abbia la forza e i documenti per far scoppiare uno scandalo”. Interviene anche la ex consigliera del Pdl Elena Traverso, che dice “Vogliamo chiarezza”.
Nel mio piccolo, mi unisco anch’io a questo appello e spero che Croce, che ha scritto anche una lettera al sindaco Flavio Tosi (nella cui lista è stato eletto alle amministrative) ma ha le ore contate alla presidenza dell’Agec, abbia le prove per dimostrare le sue accuse. Per ora, mi limito a segnalare alcune stranezze di questa vicenda sempre più ingarbugliata, a partire dall’ufficio rifatto con 33mila euro (per non parlare di quei preventivi da quasi 50mila euro, opportunamente cestinati, pieni di pezzi kitch). A mio avviso, Croce non può limitarsi a chiamare in causa la Corte dei Conti perché giudichi la legittimità del suo operato, perché si tratta, prima di tutto, di una questione di opportunità. Ciò detto, è evidente che la questione ufficio passa decisamente in secondo piano di fronte alla (presunta) “affittopoli”: se (e sottolineo se)  quanto va dicendo Croce è vero, tutta una serie di prese di posizione (a partire dal cda di Agec che, compatto, lo ha sfiduciato) andrebbero riviste sotto un’altra luce. Al momento non ci sono abbastanza elementi per dirlo, ma il dubbio comincia a insinuarsi: e se Croce fosse stato messo in croce troppo presto?