lunedì 17 giugno 2013

Verona e la moda dei soldi (pubblici) allo sport

Nonmi è mai piaciuta la sponsorizzazione dell'Agsm all'Hellas Verona (un unicum nel panorama nazionale, come avevo spiegato qui) al di là che si sia rivelata o meno un affare per l'azienda (loro dicono di sì). Ma questa può essere quanto meno passata come operazione commerciale, poiché se è vero che l'Agsm è tutta del Comune di Verona, che ne requisisce ogni anno gli utili, è vero anche che si tratta di una spa che deve stare su un mercato competitivo come quello dell'energia e del gas. E le aziende devono farsi pubblicità.
Il problema è che l'operazione Agsm-Hellas ha creato un precedente. E ora la mano pubblica si sente obbligata a intervenire per aiutare qualsiasi società sportiva in difficoltà. L'ultimo caso è quello della Marmi Lanza: non aveva i soldi per iscriversi al campionato di A1 di volley, glieli hanno dato Comune e due aziende parapubbliche come Agsm e Serit. Questi soldi vanno a pagare, tra le altre cose, gli stipendi arretrati dei giocatori.
Tutto questo avviene mentre ci sono piccole associazioni di cosiddetti "sport minori" che si vedono presentare il conto dal Comune: ad una, che conosco direttamente, l'affitto per il campo è stato più che triplicato da un giorno all'altro.
Non sono qua a dire che ci sia una relazione diretta tra l'una e l'altra cosa. Dico solo che le società sportive professionistiche, nella mia personale scala di priorità, stanno in fondo alla lista. Le piccole associazioni sportive dilettantistiche, fatte di volontari, stanno in cima.
Ma forse sono io che sbaglio. 

mercoledì 12 giugno 2013

Il festival del centenario, un'occasione perduta

Non è ancora cominciato, e questo post può essere ingeneroso - lo riconosco - ma il festival lirico del Centenario mi pare già inquadrabile come la classica occasione perduta.
Quando ero giovane, ovvero nel secolo scorso, ho lavorato in Arena, per cinque anni a strappare biglietti. Potevo vedermi gratis l'opera ogni sera e, ciò nonostante, non mi sono mai appassionato al genere. So di essere parte di una larghissima maggioranza che del "bel canto" non gliene frega nulla.
Ecco, è proprio per gente come me che un festival come quello di quest'anno avrebbe dovuto  rivolgersi.
Certo, non mi puoi proporre il solito menù riveduto e corretto spacciandomelo per grande evento. Non ho visto il Galà della Lirica (l'ha visto Aldo Grasso: non gli è piaciuto) ma - da quel che ho letto - non mi è sembrato molto diverso da quello degli anni scorsi: Antonella Clerici, qualche nome aria famosa cantata da qualche cantante famoso...
Al di là di questo, al di là delle nuove produzioni (sarà una grande Aida, pare), al di là dei grandi nomi, la verità è che a Verona tutto va avanti come se nulla fosse. Sarà colpa dei veronesi, poco sensibili, ma se Maometto non va alla montagna, dovrebbe essere il contrario.
Non sarebbero serviti più soldi, solo più idee.
I giovani cantanti in erba di tutto il mondo sarebbero potuti venire a Verona a cantare nelle piazze (in cambio il Comune poteva mettere a disposizione un'area per campeggiare, che mica si possono permettere una camera a 300 euro a notte). Si poteva organizzare una sorta di "fuori-salone" promuovendo la contaminazione della lirica con altre forme musicali (rock, jazz). Si poteva organizzare una notte bianca a tema, magari in occasione della prima all'Arena. Si poteva organizzare una rassegna di cinema all'aperto proiettando qualche vecchia rappresentazione all'Arena.
Si poteva fare molto di più, al di là delle mostre che pochi andranno a vedere, degli "eventi" che pochi frequenteranno. Si doveva coinvolgere la città e attirare i giovani, creando un atmosfera internazionale.
Va beh, pazienza. Sarà per il prossimo centenario. 

martedì 11 giugno 2013

S'io fossi Flavio

Voglio dirlo chiaramente: abbiamo perso e me ne assumo tutta la responsabilità. In altri casi, in passato, non ho esitato ad attribuire le colpe a chi le aveva, anche quando si trattava di personalità della mia parte politica, quando non del mio partito, ma ho sempre pensato che occorra dire le cose come stanno, anche quando non conviene.
Oggi che al comando ci sono anche io, non voglio rifugiarmi in frasi di circostanza, non cercherò alibi. La colpa, benché non solo mia, è anche mia. Come attenuante, va riconosciuto che la Lega negli ultimi tempi non sta passando un bel periodo. Ma gli scandali, i diamanti di Belsito, i soldi in Tanzania, sono ormai cosa di un anno fa e non spiegano la disfatta di queste elezioni. D'altra parte, non si capirebbe come un partito devastato come il Pd, dopo i casi Penati, Mps (per tacere di quanto hanno combinato in Parlamento) abbia vinto dappertutto.
Se abbiamo perso, le vere ragioni sono altre, e bisogna avere il coraggio di ammetterle, se vogliamo rinascere.
Non abbiamo saputo allevare una classe dirigente nuova e credibile, e se ci siamo visti costretti a ricandidare Gentilini,  al quale pure ci lega affetto e riconoscenza, vuol dire che dietro di lui c'è davvero il vuoto.
Dobbiamo tornare ad ascoltare la nostra gente, i nostri militanti, ma anche - più in generale - i cittadini.
Da mesi parliamo di cose incomprensibili, come la Macroregione. Io stesso ho dedicato molte delle mie energie - troppe - nello sviluppo della mia lista , che al momento è percepita come un contenitore senza idee, che per giunta fa ombra alla Lega, una specie di autobus dove si sale coi propri voti, per regolare conti aperti con altri.  Non è così che dev'essere, su questo, io, ci ho messo la faccia.
L'intera strategia delle liste civiche è da rivedere. Anche perché a queste elezioni le hanno fatte meglio gli altri, vedi Bussolengo e Sona: più vere, più autentiche, io invece sono passato come il colonizzatore che arriva da fuori e non mi nascondo dietro un dieci o quindici per cento preso per dire che comunque è andata bene. Non è così.
Abbiamo il dovere di dire chiaramente ai nostri militanti cosa diventerà la Lega e, a posteriori, bisogna ammettere che tute quelle espulsioni sono state un errore. Ho dato l'impressione di essere della stessa pasta di quelli che ho combattuto, per anni, dall'interno.
Devo la mia fortuna politica alla mia capacità di ascoltare la gente, di capirne gli umori e interpretarli. Devo ammettere che, da qualche mese a questa parte, qualcosa si è spezzato.
C'è ora chi mi chiede le dimissioni ed è una richiesta che comprendo, dopo quanto successo in queste elezioni. Le mie dimissioni sono lì, sul tavolo, anche se intorno a me non vedo grossi geni della politica. Se me lo chiederanno, tornerò ad occuparmi al cento per cento della mia città, che ultimamente ho un po' trascurato e si vede, anche perché molte persone a cui ho delegato non si sono rivelate all'altezza. Ma anche questo, in fondo, è una cosa di cui mi devo assumere piena e totale responsabilità.