martedì 14 gennaio 2014

Niente più Quercia. E siamo tutti un po' più soli

Niente più tagliatelle col sugo di lepre.
Niente più bollito con le patate arrosto.
Niente più buffet (si fa per dire) delle insalate.
Niente più vino rosso o bianco, ti porto la bottiglia paghi solo quello che bevi.
Niente più pere cotte per dessert.
Niente più grana a volontà a fine pasto.
Niente più caffè con bottiglia di grappa.
Niente più conto da dieci euro a testa.
Niente più di magro in Quaresima.
Niente più venerdì pesce (prevalentemente seppie coi piselli).
Niente più gulasch a luglio (che poi era il solito bollito, con un po' di paprika).
Niente più è tutto pieno ma se mi porti una pentola te la riempio e mangi a casa.
Niente più è l'una e mezza e la cucina è già chiusa.



Niente più Quercia. E' ormai ufficiale: il ristorante di via Tonale chiude i battenti, per sopraggiunti limiti d'età. Era aperto da 40 anni e, da allora, non avevano mai cambiato nemmeno una sedia. Forse riaprirà con una nuova gestione. Nulla sarà più come prima.
La notizia, tra conferme e mezze smentite, circolava da un po'. Qualche settimana fa avevo incrociato il figlio del titolare: "Non chiudiamo, le solite esagerazioni. Cambiamo solo il cuoco". Non era vero. La crisi stavolta non c'entra. "Si, è chiuso - mi ha detto il titolare, il signor Luciano, archetipo dell'oste - Andiamo in pensione, semo veci".
La trattoria no, non era vecchia. O meglio sì, lo era. Ma per uno di quei  strani cicli della storia, era tornata "moderna", ultimo rifugio di una veronesità ormai perduta. Non era più solo il ristorante dei "bondolari", come sono stati (poco) affettuosamente definiti gli abitanti di Borgo Trento. Né quello dove i politici (rigorosamente democristiani) si davano appuntamento per stringere patti più o meno leciti. Ci andavano adesso anche i giovani professionisti in pausa pranzo. I gruppi di amici per festeggiare un compleanno.  Le famiglie, prevalentemente sabato e domenica (obbligatorio prenotare) come alternativa alla pizzeria.
Alla Quercia non si andava solo a mangiare. Ci si andava per sentirsi come e più che a casa. Il menù non riservava mai grandi variazioni e questo era un conforto aggiuntivo: come andare a pranzo dalla nonna. Tutto era come una volta: il pavimento in marmettone, le pareti tinta giallina, i tavoli di legno, le tovaglie bianche di stoffa. Tutto questo produceva l'alchimia che ti portava, una volta conosciuto il locale, a tornarci, a volergli bene.
Spero che chiunque arrivi adesso tenga conto di questa pesante eredità, con i ricordi e le aspettative di chi ha frequentato la Quercia per decenni e di chi (come me) l'ha conosciuta in tempi, troppo recenti. Un po' come quando se ne va improvvisamente una vecchia zia: ti dispiace non averla frequentata di più, averla vista un'ultima volta, averle chiesto di ripetere, ancora una volta, quei vecchi proverbi che solo lei conosceva. Adesso ci passi davanti, vedi solo le serrande abbassate, ripensi malinconicamente al chiacchiericcio degli avventori le sere d'estate, in quel plateatico improvvisato sotto i faggi. Già perché poi, di querce in via Tonale, nemmeno l'ombra. 

5 commenti:

  1. Il ristorante della mia infanzia......

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  2. Sono nato in via tonale 48 anni fa che ovviamente la Quercia già esisteva. Fa parte della mia vita, con Ernesto (il cuoco) e Luciano c'era ormai un feeling incredibile, entravo spesso in cucina per scambiare due chiacchiere con loro e la domenica rigorosamente per prendere la peara' da portare su in casa. Ormai ero di casa e come me tutti coloro che sono nati e vissuti nello stesso condominio. Chiunque arriverà non sarà mai la stessa cosa. Mi mancherà molto, anzi mi manca già.

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  3. Ti capisco. Un sacco di gente incredula a questa notizia. Era un posto dove il tempo si era fermato e quindi ci sembrava, per questo, immortale. Anche chi come me lo frequentava da poco sentirà un grande vuoto

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  4. la bottiglia di grappa dopo il caffè.."bevi quanta ne vuto che non te la fo mia pagar"

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  5. meglio così...scortesi ed arroganti

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