venerdì 28 settembre 2012

Il caso Ryanair: un disastro tutto veronese


Pare quasi un paradosso dover festeggiare un evento come questo: dopo nemmeno due anni, Ryanair lascia l'aeroporto di Verona, a partire dal 12 ottobre. Sono sicuro che al Catullo avranno stappato le bottiglie di champagne e ne hanno ben donde: pagavano alla compagnia irlandese low-cost circa 17 euro di contributo commerciale per passeggero. Solo nel 2011 Ryanair da Verona ne ha trasportati 500.000. Un salasso incredibile, per un aeroporto già drammaticamente indebitato che nel 2011 ha perso oltre 26 milioni di euro: soldi che dovranno ripagare i soci, pubblici, e quindi noi contribuenti (ne avevo scritto qui).
Eppure, il successo della nuova dirigenza, che mostrando i muscoli è riuscita a far rescindere un contratto economicamente insostenibile, è allo stesso tempo la certificazione di un grande fallimento. Tutti diranno che il colpevole numero uno è Fabio Bortolazzi, l'ex presidente che ha voluto, a tutti i costi, introdurre il low-cost a Verona, strappandolo a peso d'oro dall'aeroporto di Brescia-Montichiari, che pure è di proprietà del Catullo.  Ma Bortolazzi non è sceso dalla luna: è stato per due mandati presidente della Camera di Commercio e al Catullo ci è approdato con il consenso della politica locale, sindaco Tosi in primis. Avrà il coraggio ora quella stessa politica di citare in giudizio l'ex presidente, come il cda del Catullo ha fatto con l'ex direttore generale?
Non si tratta di una semplice disputa commerciale, questa è una vicenda che mette in discussione un intero modello di business, quello del low-cost (che scopriamo “drogato” da contributi pubblici, manco fosse un'Alitalia qualsiasi) e interroga Verona nel profondo, quella Verona che è la quarta città turistica d'Italia e che dai turisti trae buona parte della sua ricchezza. Ora, quando il Catullo, che è una società sostanzialmente pubblica, decide di pagare quegli esosi contributi a Ryanair (che, ben inteso, ha fatto solo il suo mestiere) sceglie di collettivizzare un investimento che, invece a mio parere avrebbe dovuto essere a carico esclusivo di chi ne andava a trarre beneficio. Per capirci, se Ryanair porta gente in città il conto lo paghino albergatori, ristoratori e operatori del turismo. Non tutti noi che, al massimo, abbiamo avuto l'occasione di andare a Londra con 50 euro.

martedì 18 settembre 2012

Quanto è bella (e inadeguata) Verona vista dalla bici


Ho sempre pensato che la bici elettrica fosse un aggeggio per anziani incapaci di deambulare. Poi sono stato domenica all'Eica, la fiera della bicicletta a Verona, e mi sono ricreduto. Me ne hanno fatta provare una nuova fiammante, con cui mi sono girato la città in lungo e in largo, su e giù dalle Torricelle dove mai sarei andato con la sola spinta delle mie gambe. Bellissimo, e bellissima Verona vista dal sellino di una bici.
Però pericolosa. Fortunatamente la ciclabile di corso Porta Nuova era transennata, ma come sa ogni ciclista urbano veronese, per una buona parte scorre sul marciapiede che, giustamente, con una bella giornata di sole era strapieno di gente. Sulla strada, un fiume di macchine, alla faccia della domenica ecologica. Ne chiedo conto a una vigilessa, questa allarga le braccia: “Abbiamo avuto l'ordine di far scorrere il traffico, dovrebbero esserci i miei colleghi ai varchi”.
Così quella che doveva essere una giornata che consacrava Verona capitale della bici è stata un'occasione persa. Verona ha rivelato ancora una volta la sua vera natura: quella di capitale delle auto. Ma non do (del tutto) la colpa ai tradizionalmente indisciplinati automobilisti veronesi. Secondo me, semplicemente, la maggior parte non sapeva del blocco. Il Comune d'altra parte ha fatto pochissimo per farlo sapere in giro. In compenso, tutti davanti alle telecamere per la cattura di un (1) ladro di biciclette.
Non so se sia un problema culturale, se chi ci governa non ha ancora capito che andare in bici non è solo un'attività sportiva, ma è soprattutto un'alternativa di mobilità (interessante spunto da leggere qua). La bici elettrica, e faccio mea culpa per essermene reso conto solo adesso, in città può sostituire quasi completamente l'auto. Meno male che quella che mi hanno fatto provare – per altro costruita da un'azienda veronese – sono riuscito a riportarla integra in fiera, grazie anche ai tanti volontari della protezione civile che assistevano lungo il percorso. Costava 1.300 euro, se qualcuno mi veniva addosso non ero neanche assicurato.




lunedì 17 settembre 2012

Perché Tosi non è il Renzi di destra

Sono entrambi sindaci, relativamente giovani e un po' ribelli. Sono innamorati del potere e la loro città non gli basta. Paragonare  Flavio Tosi e Matteo Renzi può essere suggestivo tanto che c'è chi si chiede: può Tosi diventare per il centrodestra quel che Renzi vuol diventare per il centrosinistra? Secondo me, no.
  1. Scommessa vs calcolo. Da Verona Renzi lo ha detto chiaramente: “non voglio aspettare il mio turno”. La sua scommessa è quella di ribaltare il tavolo con le primarie: se le vince, avrà il mandato popolare, ma buona parte del suo partito contro. Per Tosi, al contrario, è contato di più prendersi il partito. Ha fiutato l’onda del cambiamento, l’ha cavalcato ma non troppo, saldando il ticket con Maroni. Il calcolo è preciso: è passato dall’essere un paria leghista al numero due. Ma ora dovrà aspettare il “suo turno”. C’è gente che è morta (politicamente) aspettando. 
  2. Uomini vs caporali. Renzi è di destra? Dibattito noioso. Piuttosto parliamo del fatto che sa aggregare una serie di personalità – da Oscar Farinetti a Pep Guardiola (qui c’è un elenco completo) – che hanno qualcosa da dire: la sua squadra non avrà (ancora) quantità, ma ha (già) qualità. Non altrettanto si può dire dell’ipotetica squadra di Tosi: al di là di qualche testa pensante, Tosi si è circondato di tanti yes-man, che gli portano voti ma non idee e qualche volta lo espongono a delle figuracce.
  3. Trampolino vs pedana. Per Renzi il Pd è un grande trampolino per la conquista del potere in Italia. La Lega è invece un partito territoriale, un po’ in crisi di identità ancor prima che di consensi. Per Tosi finora è stata una pedana, che lo ha innalzato dall’anonimato. Ma cosa può essere di più? Maroni dice che bisogna esportare il modello vincente di Verona, Lega più civiche di centrodestra. A me pare  poco più di una boutade che, più che alle elezioni politiche, guarda alle regionali (al Nord) del 2015.