venerdì 25 marzo 2016

La Popolare di Verona non c'è più. Meno male

All’inizio era semplicemente la Banca Popolare di Verona, quella che mi regalava ogni anno il diario scolastico con le foto della città in copertina. Poi i cambi di nome. Nel 2002 è diventato Banco Popolare di Verona e Novara, dopo la fusione con l’istituto piemontese, nel 2006 ecco il Banco Popolare, con l’acquisizione della Popolare di Lodi, uscita malconcia dagli anni di Fiorani &co.

E’ stato in questi anni di crescita, acquisizioni e rafforzamento, che il cassiere della filiale dove avevamo il conto da sempre ci aveva chiamato a casa proponendoci di investire l’eredita della nonna in qualche strumento finanziario nuovo perché “ormai sul conto corrente non prendi niente”. Risultato: perso tutto. Già perché certe cose mica le ha inventate la Banca Etruria di papà Boschi o la Vicenza di Zonin. Noi a Verona sempre un passo avanti, specialmente quando c'è da perdere la propria innocenza. 

Come si chiamerà domani, la banca che mi prima mi ha regalato il diario e poi mi ha fatto fumare i soldi della nonna, non lo sappiamo ancora. Sappiamo però che, una volta perfezionato il matrimonio con la Banca Popolare di Milano, finalizzato negli scorsi giorni, ci troveremo di fronte alla terza banca italiana, dopo Intesa San Paolo e Unicredit, dove è confluita negli anni ’90 l’altra grande banca veronese, la Cassa di Risparmio.

Il Banco arriva a questo traguardo dopo anni travagliati. Solo nel 2015 i conti sono tornati in utile, dopo anni con perdite miliardarie. L’attuale amministratore delegato Saviotti si è dovuto fare carico di un processo di risanamento doloroso, andando a tamponare le voragini nei conti aperte dalle gestioni precedenti, su tutti il caso dell’acquisizione della banca Italease.

Ancora oggi il Banco si porta in pancia una notevole fetta di quello che gli economisti chiamano crediti deteriorati: 14 miliardi. Sarà anche colpa della crisi, ma a me viene ancora da pensare che mentre a me sparivano i soldi della nonna, altri clienti ricevevano prestiti che non avrebbero mai rimborsato. In ogni caso, proprio per questo, prima della fusione, il Banco dovrà chiedere ancora soldi ai suoi soci, un miliardo di euro in aumento di capitale, come imposto dalla Banca centrale Europea.

Con la fusione, ci sarà la trasformazione della Popolare in società per azioni,  e la sede principale non sarà più Verona ma Milano. Il nuovo amministratore delegato sarà quello della Bpm, Giuseppe Castagna. Il tempo dei diari scolastici ai ragazzi con la foto di piazza Erbe in copertina non tornerà più, forse è meglio così: io il mio (diario) l’ho pagato carissimo. La speranza semmai è che si riprenda il titolo che in Borsa, dall’inizio dell’anno, ha perso il 44 per cento del suo valore. E’ pur vero che è andata peggio ai vicentini, che hanno comprato le loro azioni Bpvi 64 euro e adesso valgono forse (ma forse, eh?) un decimo. Sarà che sotto il Monte Berico hanno esagerato con le agende. 

venerdì 18 marzo 2016

La fine dell'impero tosiano #8: Tutte le strade portano a Roma

All'inizio molti hanno pensato fosse una bufala.  
Poi, però, in una conferenza stampa alla Camera Flavio Tosi conferma: "Me l'hanno chiesto, ci sto pensando". 
Stiamo parlando dell’annuncio di una possibile candidatura alle elezioni comunali di Roma del sindaco di Verona. Un annuncio accolto con incredulità dai suoi fedeli, ironia e scherno dai suoi detrattori e sul web. 



Ma che ci va a fare Tosi a Roma?
E’ una domanda cui non è semplice rispondere. Lui, ha detto che sono stati alcuni cittadini romani a chiederglielo, anche fermandolo per strada, e visto che lui il sindaco ha dimostrato di saperlo fare, potrebbe mettere la sua esperienza al servizio della Capitale che, come noto, ha più di un problema da risolvere. 
Ha detto pure – magari scherzando – che dopo nove anni i veronesi forse sono stufi di lui. Che quello che doveva fare a Verona, dove manca un anno alla conclusione del secondo mandato, l’aveva fatto.


Ma non era stato proprio Tosi a dire quanto gli piacerebbe fare un terzo mandato a Verona, per vedere completare le tante opere per ora solo sulla carta? Detto così, pare quasi l’ammissione che la possibilità di modificare la legge di elezione dei sindaci, che Tosi ha chiesto direttamente a Renzi, sia definitivamente tramontata.

Allo stesso tempo è chiaro che, in un contesto come quello di Roma – dove il centrodestra si sta autodistruggendo – Tosi può sperare di far guadagnare un po’ di visibilità a se stesso e al suo progetto di creare un “quarto polo”, un centro-centrodestra moderato alternativo al progetto lepenista di Salvini, ai Cinque Stelle a al Pd.
In qualche modo, le candidature a Roma del centrodestra paiono quasi quelle primarie che Tosi per primo ha chiesto e mai ha ottenuto.

La scommessa, ovviamente, è spregiudicata. E bisognerà vedere quale sarà la reazione delle truppe di Tosi, che devono garantire la maggioranza per un altro anno in un consiglio comunale con numeri piuttosto striminziti. 

Tosi probabilmente aveva immaginato in modo molto diverso il suo futuro politico. Avrebbe voluto fare il governatore del Veneto, già nel 2010, ma la poltrona gli fu scippata da Zaia. Proprio le regionali, cinque anni dopo, sono state all'origine della rottura con la Lega. Esaurita l'esperienza a Verona, sfumata quella a Venezia, non rimane che Roma. In un modo o nell'altro. 

(dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige