venerdì 20 febbraio 2015

Non c'è posto per i profughi, ci sono le elezioni

Gli effetti della guerra in Libia si fanno sentire anche alle nostre latitudini. Con il caos sull'altra sponda del Mediterraneo, aggravato dalla minaccia dell'Isis, il traffico di esseri umani diretti alle coste siciliane si è intensificato come non mai. I centri dell'isola sono sovraffollati e il Ministero dell'Interno ha il compito di smistare i nuovi profughi nelle varie regioni d'Italia.
In Veneto - e a Verona, che ne dovrebbe ospitare un'altra trentina - però non c'è più posto per loro. Questo almeno quanto affermano le istituzioni - Regione, Province, Comuni - spalleggiate dai prefetti. Ma il Viminale tira dritto. Ritiene che le resistenze non siano dovute a difficoltà reali di alloggiare questi nuovi disperati, che si vanno ad unire alle tante centinaia arrivati negli ultimi mesi. Il fatto è che con le elezioni regionali alle porte, ogni politico - da destra a sinistra - pensa al proprio consenso. E sostenere le ragioni dei profughi di certo non paga. Un dato è certo: il peso dell'accoglienza è in gran parte sulle spalle delle regioni del sud.






Intanto, A Tripoli, ha scelto di restare don Giovanni Innocenzo Martinelli, arcivescovo della capitale libica, nativo di San Giovanni Lupatoto. È uno degli ultimi italiani rimasti, la stessa comunità cristiana si è volatilizzata con l'avanzata due terroristi islamici. Ma lui a tornare in Italia non ci pensa nemmeno. E di fronte alla minaccia dei tagliato le dell'Isis ha detto, in un'intervista al Corriere: "probabilmente taglieranno la testa anche a me, ma io non ho paura. E di qua non mi muovo".
(Dalla rubrica Il fatto della settimana su Radio Adige)

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