martedì 12 marzo 2013

Traforo vs Filobus

Il Passante Nord, e con esso il traforo delle Torricelle, ha fatto un notevole passo avanti con la firma della concessione dei lavori, la settimana scorsa. Ma attenzione: l'iter è tutt'altro che concluso. Servono i certificati antimafia, la Valutazione d'impatto ambientale dal ministero (e i neoparlamentari Pd e grllini promettono che la bloccheranno: vedremo), soprattutto serve una montagna di soldi che le banche dovranno prestare a chi si accollerà l'investimento (un totale di circa un miliardo di euro, compresa la manutenzione) con la speranza di vederselo ripagare dai pedaggi. Sullo sfondo, i problemi della Mantovani, l'impresa di costruzioni che promette di entrare nella nuova società di progetto con un ruolo da protagonista. Ma protagonista, delle cronache, è stato in queste settimane Pierangelo Baita, il presidente, arrestato per una storia di fatture false con l'accusa di evasione fiscale e truffa (e c'è chi ipotizza un giro di mazzette).
Di fronte a temi come quello del traforo, si rischia sempre di dividersi in fazioni: guelfi contro ghibellini, sostenitori delle grandi opere a prescindere "perché portano posti di lavoro e sviluppo" e all'opposto campioni dell'effetto "Nimby" - not in my backyard. Alla fine rischia di sfuggire il nodo di fondo, l'idea di città che si avvalla con il traforo (e che, occorre dirlo, la maggioranza dei veronesi ha legittimato con il voto): una città dove il trasporto automobilistico resta la forma principale di mobilità, dove si preferisce pagare un pedaggio per utilizzare una galleria che un biglietto dell'autobus per muoversi, a costi sociali molto più ridotti.
C'è da capirli i veronesi: il trasporto pubblico qui è assolutamente inadeguato. Ma guardiamoci intorno. A Padova, ormai da 5-6 anni, si muovono con un tram su rotaia che taglia la città da nord a sud con frequenza ogni sette minuti. A Brescia hanno appena inaugurato una avveniristica metropolitana con guida automatica: una sommessa ambiziosa (e costosa) per una città così piccola, che ha deciso di investire nel trasporto  pubblico quello che a Verona si spenderà per il traforo (circa 900 milioni di euro). A Verona,  si è puntato su un filobus "low-cost" che promette pochi disagi di cantieri e grande flessibilità. C'è da sperare che tecnici e assessori abbiano studiato bene la lezione di Bologna, che con un filobus (a guida assistita) ha preso un enorme cantonata ed ora è costretta a tenere i mezzi a marcire nei depositi.
Al netto di tutto questo, però, mi frulla nel cervello una domanda: se il filobus manterrà le promesse e rivoluzionerà davvero la mobilità di Verona, togliendo quindi migliaia di auto dalle strade, che bisogno ci sarebbe del traforo?
P.s. In questa intervista a L'Arena, il boss di Technital Massimo Raccosta risponde anche a questa domanda, sostenendo che solo quando il traforo libererà la città dalle auto, il filobus potrà funzionare davvero. Sommessamente, mi tengo tutti i miei dubbi. 

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