lunedì 18 marzo 2013

La (cinica) follia del lusso ai tempi della crisi

Sono stato, sabato pomeriggio, a visitare l'Excelsior, il nuovo grande magazzino del "lusso" che ha aperto da qualche giorno a Verona in fondo a via Mazzini, al posto della vecchia Upim. Sul mio giornale, in settimana, avevo letto l'intervista dell'amministratore delegato del gruppo Coin Stefano Beraldo che, nello spiegare i nove milioni di euro investiti nella struttura,  esordiva così: "Investire oggi in Italia può sembrare una follia, ma se qualcuno ci domanda se siamo folli, questa è la nostra risposta".  Credo che non ci sia nessuna folle follia nell'Excelsior Verona (a parte le borse del marchio omonimo, al suo interno) e, per spiegare il perché, la prenderò un po' da lontano. Ma non troppo: alla fine è una cosa che ci riguarda più o meno tutti.
L'Excelsior, che già è a Milano, riprende in piccolo il concetto dei magazzini Harrod's di Londra o dei Lafayette di Parigi, ma si limita a vendere vestiti e profumi di marca (presto si potrà anche mangiare nella "food hall"): l'offerta sembra quella del duty free di un  grande aeroporto internazionale. D'altra parte, il concetto stesso di lusso è cambiato, da quando il lusso è diventato "di massa": ha poco a che fare con il pregio dei tessuti, la qualità delle finiture, ha molto a che fare con il design, il brand. Insomma, si rischia di spendere 300 euro per comprare un maglione non molto migliore di quello che si trova al mercato, benché in un ambiente certo diverso, luminoso, accogliente (per me soffocante), dove si viene "coccolati" da uno stuolo di giovani commessi.
 Ma poi non è questo in fondo il punto: alla fine ognuno è libero di spendere i propri soldi come vuole, no? La vera domanda in realtà è un'altra: chi, di questi tempi, ha dei soldi da spendere? E qui torniamo alla "follia" di cui sopra e del perché, secondo me, non c'è nulla di folle. Il mondo in cui viviamo è tremendamente diseguale: i ricchi diventano sempre più ricchi, mentre la schiera dei poveri si ingrossa con chi, fino a ieri, se la cavava dignitosamente. Eppure, la maggior parte di noi ha una visione ancora troppo edulcorata della realtà: in sostanza, non ha la percezione di quanto davvero siano ricchi i ricchi, di quanta quota della ricchezza detengano rispetto a tutti gli altri. Vedere per credere questo video sulla distribuzione della ricchezza negli Stati Uniti (dove le cose accadono sempre un po' prima che da noi): la maggioranza degli americani vorrebbe un sistema più equo, ma la sua percezione delle diseguaglianze non ha nulla a che fare con la realtà, che è molto, molto peggiore di quanto s'immagini. Questo è il mondo che sta plasmando questa lunga crisi: se in passato vigeva la regola dell'80/20 (l'80% della ricchezza mondiale è detenuto dal 20% della popolazione), lo schema sta diventando sempre più quello del 99/1 (il 99% detenuto dall'1%).
Ora, se io fossi un imprenditore del lusso, mi preoccuperei - con una punta di cinismo - di non disperdere  i consumi di questa piccola quota di straricchi. Come fare? Per esempio, concentrando in un solo luogo open-space una serie di boutique dai marchi noti e riconoscibili, in un ambiente "sfarzoso" ma accogliente. Come dite? Una follia? 

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