martedì 19 marzo 2013

Che ci frega dell'aeroporto di Brescia?

Non fossi un addetto ai lavori, penso che la mia reazione alla notizia della firma della concessione quarantennale per l'aeroporto bresciano di Montichiari al veronese Catullo sarebbe stata su per giù un'alzata di spalle. E allora? Cosa cambia nella mia vita? Insomma: chi se frega.
Avrei sbagliato. Un po' come chi dice: "Lo spread? Un'invenzione!". E poi però dimentica che l'Italia è Paese che (soprav)vive solo grazie al debito e che più lo spread è alto più è costoso farsi prestare i soldi che servono per pagare gli stipendi di medici e insegnanti, sostenere gli anziani in casa di riposo, tappare le buche delle strade.
Riassunta in poche parole la questione D'Annunzio (così si chiama lo scalo bresciano) si può spiegare così: per 14 anni anni il  Catullo - e quindi noi veronesi, che del Catullo siamo azionisti attraverso Comune, Provincia e Camera di Commercio - ha buttato una marea di soldi (si parla di decine e decine di milioni di euro) in qualcosa che nemmeno era, tecnicamente suo. Immaginiamo di prendere una casa in affitto, ristrutturarla per bene, e poi un bel giorno venire sfrattati: quello che noi pensavamo fosse un investimento, si rivelerebbe la più atroce delle beffe. Ora, la concessione è sostanzialmente un prolungamento - di 40 anni - del contratto di affitto della casa da cui, appena tre mesi fa, eravamo stati sfrattati.
La prima conseguenza di questo è chiara a tutti: visto che la casa, adesso, è mia, se non ci abito posso almeno subaffittarla a qualcuno e rientrare in possesso di un po' di quei soldi che ci ho speso. E' questo che il management dell'aeroporto intende quando parla di un piano di rilancio "finalizzato all'ingresso di partner industriali".
Per il resto, la strategia per Montichiari è ormai delineata: dovrà diventare un aeroporto specializzato nelle merci facendo concorrenza non tanto a Malpensa (dove oggi atterranno la maggior parte dei cargo) ma agli scali del Nord Europa (Francoforte, Monaco ecc): già perché la maggior parte delle cose che importiamo atterra in Germania e viene trasportata in Italia via camion. Non ho né gli elementi né le competenze per dire se questo piano riuscirà: di certo, perché abbia almeno qualche possibilità, la concessione era fondamentale. Mica posso convincere i cinesi ad atterrare sulla mia pista se non ho  nemmeno la certezza che l'hanno prossimo sarà ancora la mia pista.
Infine, i riflessi su Verona. Il Catullo non va troppo bene: troppi costi (che in questo ultimo anno si è cercato di tagliare pesantemente, dopo il maxibuco di 26 milioni nel 2011) e un futuro incerto. I voli charter, su cui un tempo Verona era specializzata, sembrano ormai un retaggio del Novecento. Sui low-cost, dopo il clamoroso divorzio da Ryanair, si raccoglieranno le briciole. Rimangono i voli di linea, dove restano alcune rotte ben presidiate, ma in generale poca roba. Ecco che l'aeroporto di Brescia, con quei suoi margini di crescita tutt'ora ignoti e inesplorati, può in prospettiva rappresentare tantissimo per Verona: magari, in un futuro non troppo distante, contribuire a tenere aperto uno scalo (importantissimo per l'indotto della città) che, per ragioni puramente industriali, potrebbe perfino essere chiuso. La vera domanda, insomma, non è tanto: chi se ne frega di Montichiari? Piuttosto: riuscirà il tenente colonnello D'Annunzio a salvare il soldato Catullo? 

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