lunedì 8 ottobre 2012

Ognuno ha il suo Croce


Di questi tempi, trovare esempi di una politica lontana anni luce dai problemi e dalle sofferenze dell'uomo della strada non è impresa ardua. E anche a Verona, dove non ci facciamo mai mancare niente, è spuntato dall'anonimato un certo Michele Croce. Non lo conosco personalmente e mai avevo sentito parlare di lui, prima della campagna elettorale quando sui giornali ho cominciato a leggere le sue dichiarazioni pro-Tosi a nome del circolo culturale di destra l'Officina, di cui era segretario. Poi l'ho trovato candidato nella lista “civica” di Tosi, è stato eletto, ma fare il consigliere comunale, evidentemente, non gli interessava. Così, alla prima tornata di nomine negli enti pubblici, è stato messo presidente dell'Agec, l'azienda comunale che si occupa di farmacie, cimiteri ma soprattutto dell'assegnazione delle case popolari.
Croce è un avvocato e io non ho idea se sia adatto o meno per ricoprire un ruolo tanto delicato quanto mal pagato (l'Agec è spesso l'ultima scelta di chi cerca una poltrona negli enti: il presidente prende poco più di 15mila euro lordi in un anno). Sta di fatto che non appena si è insediato nel suo ufficio ha dato subito mandato di rinnovarlo: mobili nuovi e una bella rinfrescata a pareti, porte, pavimenti e infissi. Conto totale: 33mila euro. E meno male per lui che un primo preventivo da 48mila euro, che prevedeva una buona dose di accessori kitch, è stato tenuto nel cassetto. In ogni caso, Croce giura che tutti gli interventi erano necessari e  improcrastinabili. Ma ora un tecnico comunale, incaricato dal sindaco, ha fatto una relazione che suggerisce il contrario, e che verrà esaminata giovedì dal consiglio di amministrazione: se quelle spese saranno giudicate “non necessarie” (e non vedo come possa essere diversamente), l'avvocato dovrà pagare di tasca sua, come già capitato a un suo precursore, l'altrettanto sconosciuto Giovanni Frigo, catapultato alla presidenza di Agsm Energia da qualche corrente di Forza Italia, ma subito pronto a investire oltre 20mila euro dell'azienda per qualche poltrona di pelle.
Sgombriamo il campo da scomodi paragoni: Croce non è certo Batman Fiorito e non c'entra nulla con lo squallore del suo omologo lombardo Antonio Piazza. Gli si può imputare, al massimo, un comportamento inopportuno, una mancanza di tatto nel  rimettere a nuovo il suo ufficio presidenziale mentre il core-business della sua azienda  sono – sostanzialmente – i poveracci. Eppure, comportamenti come i suoi rischiano di danneggiare non poco  Tosi, che per governare senza impedimenti, ha preferito farsi un partito personale di gente che gli assicura massima fedeltà e dove il merito si misura coi voti. Comunque vada a finire, non credo che Croce uscirà bene da questa vicenda: ma la figuraccia sarà anche di Tosi, ovvero l'artefice della sua (breve?) carriera politica. E non sarà un bel biglietto da visita per la nuova Lega di Maroni che, in un'Italia sempre più simile a una cloaca intasata dalla corruzione, cerca di vendere il “modello Verona” come sinonimo di virtù.

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