lunedì 17 settembre 2012

Perché Tosi non è il Renzi di destra

Sono entrambi sindaci, relativamente giovani e un po' ribelli. Sono innamorati del potere e la loro città non gli basta. Paragonare  Flavio Tosi e Matteo Renzi può essere suggestivo tanto che c'è chi si chiede: può Tosi diventare per il centrodestra quel che Renzi vuol diventare per il centrosinistra? Secondo me, no.
  1. Scommessa vs calcolo. Da Verona Renzi lo ha detto chiaramente: “non voglio aspettare il mio turno”. La sua scommessa è quella di ribaltare il tavolo con le primarie: se le vince, avrà il mandato popolare, ma buona parte del suo partito contro. Per Tosi, al contrario, è contato di più prendersi il partito. Ha fiutato l’onda del cambiamento, l’ha cavalcato ma non troppo, saldando il ticket con Maroni. Il calcolo è preciso: è passato dall’essere un paria leghista al numero due. Ma ora dovrà aspettare il “suo turno”. C’è gente che è morta (politicamente) aspettando. 
  2. Uomini vs caporali. Renzi è di destra? Dibattito noioso. Piuttosto parliamo del fatto che sa aggregare una serie di personalità – da Oscar Farinetti a Pep Guardiola (qui c’è un elenco completo) – che hanno qualcosa da dire: la sua squadra non avrà (ancora) quantità, ma ha (già) qualità. Non altrettanto si può dire dell’ipotetica squadra di Tosi: al di là di qualche testa pensante, Tosi si è circondato di tanti yes-man, che gli portano voti ma non idee e qualche volta lo espongono a delle figuracce.
  3. Trampolino vs pedana. Per Renzi il Pd è un grande trampolino per la conquista del potere in Italia. La Lega è invece un partito territoriale, un po’ in crisi di identità ancor prima che di consensi. Per Tosi finora è stata una pedana, che lo ha innalzato dall’anonimato. Ma cosa può essere di più? Maroni dice che bisogna esportare il modello vincente di Verona, Lega più civiche di centrodestra. A me pare  poco più di una boutade che, più che alle elezioni politiche, guarda alle regionali (al Nord) del 2015. 

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