venerdì 18 marzo 2016

La fine dell'impero tosiano #8: Tutte le strade portano a Roma

All'inizio molti hanno pensato fosse una bufala.  
Poi, però, in una conferenza stampa alla Camera Flavio Tosi conferma: "Me l'hanno chiesto, ci sto pensando". 
Stiamo parlando dell’annuncio di una possibile candidatura alle elezioni comunali di Roma del sindaco di Verona. Un annuncio accolto con incredulità dai suoi fedeli, ironia e scherno dai suoi detrattori e sul web. 



Ma che ci va a fare Tosi a Roma?
E’ una domanda cui non è semplice rispondere. Lui, ha detto che sono stati alcuni cittadini romani a chiederglielo, anche fermandolo per strada, e visto che lui il sindaco ha dimostrato di saperlo fare, potrebbe mettere la sua esperienza al servizio della Capitale che, come noto, ha più di un problema da risolvere. 
Ha detto pure – magari scherzando – che dopo nove anni i veronesi forse sono stufi di lui. Che quello che doveva fare a Verona, dove manca un anno alla conclusione del secondo mandato, l’aveva fatto.


Ma non era stato proprio Tosi a dire quanto gli piacerebbe fare un terzo mandato a Verona, per vedere completare le tante opere per ora solo sulla carta? Detto così, pare quasi l’ammissione che la possibilità di modificare la legge di elezione dei sindaci, che Tosi ha chiesto direttamente a Renzi, sia definitivamente tramontata.

Allo stesso tempo è chiaro che, in un contesto come quello di Roma – dove il centrodestra si sta autodistruggendo – Tosi può sperare di far guadagnare un po’ di visibilità a se stesso e al suo progetto di creare un “quarto polo”, un centro-centrodestra moderato alternativo al progetto lepenista di Salvini, ai Cinque Stelle a al Pd.
In qualche modo, le candidature a Roma del centrodestra paiono quasi quelle primarie che Tosi per primo ha chiesto e mai ha ottenuto.

La scommessa, ovviamente, è spregiudicata. E bisognerà vedere quale sarà la reazione delle truppe di Tosi, che devono garantire la maggioranza per un altro anno in un consiglio comunale con numeri piuttosto striminziti. 

Tosi probabilmente aveva immaginato in modo molto diverso il suo futuro politico. Avrebbe voluto fare il governatore del Veneto, già nel 2010, ma la poltrona gli fu scippata da Zaia. Proprio le regionali, cinque anni dopo, sono state all'origine della rottura con la Lega. Esaurita l'esperienza a Verona, sfumata quella a Venezia, non rimane che Roma. In un modo o nell'altro. 

(dalla rubrica Il fatto della Settimana su Radio Adige

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